Italia lumaca nella digitalizzazione della sanità

Servizio sanitario

Italia lumaca nella digitalizzazione della sanità

di redazione
Ci separa un abisso dai Paesi europei più avanzati. E per mettersi in pari occorrerebbero almeno 15 miliardi di investimenti

Siamo così indietro che occorrerebbero almeno 15 miliardi di euro di investimenti nei prossimi 5 anni per rimetterci al passo con l’Europa. E forse non basterebbe perché la digitalizzazione in sanità è un processo culturale prima ancora che organizzativo ed economico. 

La sentenza è del rapporto “Le condizioni per lo sviluppo della Sanità Digitale: scenari Italia-UE a confronto” realizzato dal Censis e presentato nei giorni scorsi. 

«I risultati dell’analisi mostrano che il Servizio Sanitario Nazionale debba realizzare nei prossimi anni un deciso cambio di passo nelle risorse finanziarie da investire in Sanità Digitale, per stare al passo con i Paesi europei più avanzati in questo settore», affermano i ricercatori che rinvengono nei mancati investimenti le ragioni di questo ritardo divenuto ormai strutturale: nel 2015 la spesa per la sanità digitale ammontava all’1,2 per cento della spesa sanitaria pubblica, rispetto alla media UE compresa fra il 2 e il 3 per cento, con punte vicine al 4. 

I mancati investimenti sono però soltanto una parte della storia. I ricercatori hanno infatti messo a confronto i Paesi europei su quattro indicatori in grado sentire il polso dei processi di digitalizzazione. Su nessuno il nostro Paese riesce a tenere il passo dell’Ue. 

Il primo indicatore era la ricerca di informazioni online sui temi della salute da parte dei cittadini. Nulla che riguardasse i Governi o le amministrazioni pubbliche, dunque. Ebbene, nel 2015 l’Italia si situa al di sotto della media UE (al 27° posto all’interno dei 28 Paesi UE+2). La percentuale di utenti che negli ultimi 3 mesi ha ricercato online informazioni sulla salute è risultata pari al 46% contro la media UE del 58%.

Facciamo meglio sul fronte della prenotazione delle visite mediche on line da parte dei pazienti: con il 10 per cento delle visite prenotate via Web l’Italia nel 2014 occupa la dodicesima posizione, contro la media UE del 12,5 per cento. Le avanguardie, in questo campo, sono Spagna, Finlandia e Danimarca con, rispettivamente, il 36, 35 e 34 delle visite prenotate online.

Con il 9 per cento della copertura, siamo al diciassettesimo posto per quanto riguarda l’invio elettronico delle prescrizioni da parte del medico al farmacista. Ma è stupefacente l’abisso che ci separa dai Paesi “migliori”: Estonia (100%), Danimarca (100%), Croazia (99%), Svezia (97%), Islanda (96%), Olanda (94%).

Infine, risultati analoghi sono stati osservati nella percentuale di medici di medicina generale che condividono i dati medici dei pazienti con altri operatori e professionisti sanitari: siamo al quattordicesimo posto; al primo si piazza la Danimarca con il 92 per cento. 

Messi insieme questi indicatori, i ricercatori sono stati in grado di definire un indice sintetico di eHealth che ha visto in testa la Danimarca (0,87) seguita da Finlandia (0,84), Spagna (0,72), Olanda (0,71) e Svezia (0,67). L’Italia, raggiunge appena il valore di 0,26.

C’è da dire che qualcosa si muove, come ammette lo stesso rapporto: «<La recente Strategia per la crescita digitale 2014-2020 segna il rinnovato impegno da parte del Governo italiano per la digitalizzazione del Paese al fine di “portare l’Italia entro il 2020 in linea con gli altri Paesi europei rispetto agli obiettivi definiti con l’iniziativa un’Agenda digitale europea”» ,scrivono i ricercatori. «Il processo di digitalizzazione della sanità viene annoverato fra le azioni prioritarie, come “passaggio fondamentale per migliorare il rapporto costo-qualità dei servizi sanitari, limitare sprechi e inefficienze, ridurre le differenze tra i territori, nonché innovare le relazioni di front-end per migliorare la qualità percepita dal cittadino”. Il riferimento è a una serie di strumenti, sui quali il Ministero della Salute ha avviato nel 2008 l’eHealth Information Strategy: Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), ricetta elettronica (ePrescription), dematerializzazione di referti medici e cartelle cliniche, Centro unico di prenotazione (CUP), Telemedicina». 

«A questi - continuano - si aggiunge l’impegno congiunto di Stato e Regioni alla sottoscrizione del Patto per la Sanità Digitale, finalizzato a realizzare un piano straordinario di sanità elettronica attraverso un Master Plan pluriennale e ad attivare “iniziative di partenariato pubblico-privato capaci di innescare un circuito virtuoso di risorse economiche destinate a finanziare gli investimenti necessari».

Ma darà frutti questo impegno? I ricercatori azzardano alcune stime ipotizzando tre scenari per mettersi in pari con l’Europa: a seconda che l’Italia punti a raggiungere il 2, il 3 o il 4 percento del PIL come spesa in sanità digitale occorrono risorse aggiuntive che vanno dai 2 ai 15,2 miliardi di Euro entro il 2020. 

E non è detto che basti questo: «la questione degli investimenti - conclude infatti la ricerca - un fattore necessario ma non sufficiente per lo sviluppo della Sanità Digitale e per il conseguimento dei benefici connessi. Occorre affrontare contestualmente il tema del ridisegno complessivo del sistema salute, quello del digital divide, quello della costruzione di una governance nazionale dell’innovazione e di una strategia architetturale complessiva, quello della definizione di una chiara politica della sicurezza e della privacy. Mentre resta ancora aperta a livello internazionale la questione di una corretta misurazione e valutazione dei benefici e dei ritorni dell’investimento in Sanità Digitale”.