Roche, Novartis e quel patto per affossare un farmaco low cost

Il caso Avastin-Lucentis

Roche, Novartis e quel patto per affossare un farmaco low cost

di Antonino Michienzi
Due farmaci di pari efficacia, ma con una differenza di prezzo abissale. Due aziende concorrenti che spingono all'unisono per la vendita del più caro. Queste le accuse dell’Antitrust a Roche e Novartis. Multate con una stangata da 180 milioni

Colpevoli. I due gruppi farmaceutici Roche e Novartis «si sono accordati illecitamente per ostacolare la diffusione dell’uso di un farmaco molto economico, Avastin, nella cura della più diffusa patologia della vista tra gli anziani e di altre gravi malattie oculistiche, a vantaggio di un prodotto molto più costoso, Lucentis, differenziando artificiosamente i due prodotti. Per il Servizio sanitario nazionale l’intesa ha comportato un esborso aggiuntivo stimato in oltre 45 milioni di euro nel solo 2012, con possibili maggiori costi futuri fino a oltre 600 milioni di euro l’anno». 

È durissima la pronuncia dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato che, dopo un anno, ha chiuso le indagini e comminato sanzioni di circa 90 milioni di euro a testa alle due aziende. Sanzioni pesantissime, «in considerazione della particolare gravità dell’illecito», cioè «un’intesa restrittiva della concorrenza, contraria al diritto antitrust comunitario, nel mercato dei farmaci per la cura di gravi patologie vascolari della vista».

Uguali, ma diversi

La vicenda legale comincia nel febbraio 2013 quando l’associazione di cliniche private Aiudapds e la Soi, Società oftalmologica italiana si rivolgono all’Antitrus. Al procedimento hanno chiesto e ottenuto di partecipare anche la Regione Emilia-Romagna e l’associazione di consumatori Altroconsumo.

L’accusa lanciata è grave. Esistono sul mercato due farmaci. Avastin, un prodotto che è stato registrato per la cura del cancro, ma dalla metà degli anni Duemila è stato utilizzato in tutto il mondo anche per la cura di patologie vascolari oculari molto diffuse. E Lucentis, un medicinale basato su una molecola in tutto simile a quella di Avastin, ma è che stato appositamente registrato (da Genentech negli USA e da Novartis nel resto del mondo) per le patologie della vista fino a quel momento curate con Avastin. La differenza di costo per iniezione è significativa: Avastin ha un costo pari al massimo a 81 euro, mentre il costo di Lucentis risulta attualmente pari a circa 900 euro (in precedenza, peraltro, il costo superava i 1.700 euro).

Le associazioni denunciano che per evitare che le applicazioni oftalmiche di Avastin, vendute a un prezzo molto meno alto, ostacolassero lo sviluppo commerciale del ben più caro Lucentis, Roche e Novartis abbiano «posto in essere una complessa strategia collusiva, volta a ingenerare tra i medici curanti e più in generale il pubblico timori sulla sicurezza del primo». E che queste «attività sono proseguite e sono state anzi intensificate quando da una serie sempre maggiore di studi comparativi indipendenti, e pertanto non controllabili dalle imprese, è definitivamente emersa l’equivalenza dei due farmaci».

Perché due aziende che dovrebbero essere concorrenti finiscono invece per accordarsi al fine di screditare un farmaco a favore di un altro? Semplice: «Roche ha interesse ad aumentare le vendite di Lucentis perché attraverso la sua controllata Genentech – che ha sviluppato entrambi i farmaci – ottiene su di esse rilevanti royalties da Novartis. Quest’ultima, dal canto suo, oltre a guadagnare dall’incremento delle vendite di Lucentis, detiene una rilevante partecipazione in Roche, superiore al 30%».

Tutto falso

Le aziende si difendono. «Roche respinge con fermezza le conclusioni del procedimento condotto dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato circa un presunto accordo restrittivo della concorrenza con Novartis. L’azienda ribadisce che le accuse sono prive di qualsiasi fondamento e che ricorrerà in appello presso tutte le sedi deputate, a tutela della propria immagine e dei propri diritti, certa delle proprie ragioni», scrive la farmaceutica in una nota. «Novartis respinge in maniera decisa le accuse relative a pratiche anti-concorrenziali messe in atto tra Novartis e Roche in Italia e si avvarrà dei propri diritti di difesa ricorrendo in appello dinanzi al Tribunale competente (Tar). La decisione di Roche di richiedere o meno per Avastin l’autorizzazione all’immissione in commercio per l’indicazione oftalmica, che al momento non possiede, è stata assunta in modo assolutamente unilaterale. I fattori che impediscono o limitano l’utilizzo oculare off-label di Avastin in Italia non hanno nulla a che fare con Novartis», fa eco l’altra (il comunicato).

Ma le cento pagine di dispositivo raccontano un’altra storia (il documento).

Un nuovo farmaco. E ora?

L’Antitrust ricostruisce la storia fin dall’inizio. Siamo nel 2007 e Novartis ha avviato la distribuzione europea di Lucentis. «A fronte dell’ormai diffuso impiego off-label di Avastin in ambito oftalmico la società si è posta la questione di come proteggere il proprio mercato del prodotto, interrogandosi sulla possibilità di coinvolgere direttamente la licenziante del proprio farmaco, cioè Genentech, e la sua controllante Roche», scrive l’Autorità. 

Il problema è spinoso. In uno scambio di mail il dipartimento legale della casa madre spiega come «Novartis non abbia mezzi a disposizione per fermare le vendite di Avastin destinate a uso oftalmico, e al contempo sia importante che la società non venga mai percepita intenta a ostacolare l’uso dell’Avastin». «Possiamo fare poco per fermare Avastin off-label ai sensi del nostro contratto con Genentech», scrive. «Dal momento che Avastin non è il nostro prodotto, possiamo fare poco da una posizione contrattuale. Genentech mantiene i diritti di Avastin per gli USA, con Roche che detiene i diritti extra-USA. È dunque importante che non siamo visti “bloccare” l’uso di Avastin poiché questo non è il nostro prodotto. Dobbiamo invece cercare di assicurare l’accesso a Lucentis, il prodotto che riteniamo sia meglio tagliato per il trattamento dell’AMD».

Lo spunto su come agire lo fornisce però l’Ema, l’autorità per il controllo dei farmaci in Europa. «Un alto referente interno alla capogruppo Novartis porta all’attenzione dei partecipanti allo scambio di mail l’esistenza di un richiamo dell’Ema nei confronti di Roche per l’uso oftalmico off-label dell’Avastin: con l’occasione, viene segnalata l’opportunità di approfondire la questione in quanto si tratterebbe di un intervento in tal senso non riconducibile a Novartis, bensì a un soggetto terzo», spiga l’Antitrust.

Matrimonio di interesse

Nel frattempo, però, anche Roche sta agendo. «A partire dal 2008 si assiste a un progressivo aumento di attività di Roche volte a ottenere avvertenze e limitazioni relative all’uso off-label di Avastin da parte di diverse agenzie del farmaco A detta di Roche, tali attività sono da ricondurre al rispetto dei propri obblighi di farmacovigilanza».

Si susseguono quindi richieste di modifica del Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto che tendono a sottolineare i rischi connessi all’uso oftalmico di Avastin.

Ma veramente Roche rispondeva ai «propri obblighi di farmacovigilanza»?

L’Antitrust è convinta di no. Infatti « risultano agli atti numerosi e rilevanti documenti che consentono d’inquadrare le attività delle imprese in un vasto scenario collusivo, finalizzato a differenziare artificiosamente Avastin e Lucentis attraverso l’enfatizzazione dei rischi derivanti dall’uso intravitreale del primo farmaco e il corrispondente richiamo a un’asserita maggior sicurezza del secondo, sfruttando in tal senso anche la circostanza che solo Lucentis disponeva di apposita AIC per usi oftalmici in quanto per Avastin non erano invece mai state richieste registrazioni corrispondenti».

Un’affermazione forte. Che però ha pezze d’appoggio altrettanto solide.

Il 3 maggio 2012 l’amministratore di Roche Italia invia una mail «ad alcuni dei suoi massimi dirigenti e all’a.d. di Novartis Farma, dove si legge quanto segue: “Per favore, a che punto siamo con le attività di “differenziazione” dei 2 prodotti?».

Il piano

La strategia è semplice: «evidenziare in maniera artificiosa profili di specifica pericolosità dell’uso intravitreale di Avastin», spiega l’Antitrust. Anche se, nei fatti, la pericolosità è di difficile dimostrazione. 

«In una mail indirizzata già nel marzo 2012 dal responsabile della farmacovigilanza di Roche Italia al suo a.d., in risposta a una richiesta di quest’ultimo sull’eventuale esistenza/consistenza di eventi avversi riconducibili all’uso off-label dell’Avastin, si legge infatti: “sono andato a guardare come è la situazione nel database di Aifa, ci sono 13 segnalazioni delle quali 4 sono casi di letteratura inseriti da noi come previsto dalla normativa vigente. Le altre 9 segnalazioni provengono dalle regioni del nord dove storicamente si segnala di più”». Tuttavia, «dire se 20 casi siano pochi o tanti è difficile perché il problema è che non conosciamo la popolazione esposta, quindi non abbiamo il dato di incidenza».

Nella ricostruzione dell’Antitrust Novartis non è da meno nello sparare su Avastin. «Lungi dal concentrarsi sull’esclusiva promozione del proprio farmaco Lucentis – come sarebbe stato lecito attendersi, e del resto consigliato dal suo stesso ufficio legale interno – ha approntato una complessa serie di attività volte a sviluppare e diffondere il più ampiamente possibile una percezione di maggior pericolosità di Avastin, a tale scopo spingendosi addirittura a predisporre apposite pubblicazioni scientifiche e piani di comunicazione mirati».

«Esemplare in tal senso - scrive l’Antitrust - è un documento dell’inizio del 2013 dove si mostra l’intento di difendere le vendite di Lucentis “generando e comunicando preoccupazioni per la sicurezza di Avastin”. Tutto ciò si mostra in linea con un piano incentrato sul “continuare a spingere messaggi sui rischi per la sicurezza di Avastin” che, per le filiali nazionali, viene specificato nel senso di una “comunicazione efficace dei rischi per la sicurezza di Avastin emergenti e delle questioni metodologiche degli studi comparativi attraverso comunicazione interna ed esterna: convegni, finanziamento di pubblicazioni di revisioni degli studi comparativi, articoli sul ranibizumab come tx in pazienti con co-morbidità”».

Un nuovo rischio

Nel frattempo, però, succede qualcosa che rischia di far saltare il piano. Vengono pubblicati i risultati di studi comparativi indipendenti che confermano l’equivalenza sostanziale tra i due farmaci. 

Le aziende affilano le armi. «Le attività di condizionamento informativo si fanno più sostenute», scrive l’Antitrust. «Tra le priorità di Novartis viene dunque espressamente richiamato il raggiungimento di “un numero maggiore di pubblicazioni che sollevino storie di preoccupazioni di sicurezza”». L’obiettivo è uno: «aumentare l’incertezza intorno alla sicurezza di Avastin».

La strategia funziona e «ai vertici di Novartis si considera un notevole successo l’aver sminuito le evidenze relative alla sostanziale equivalenza dei due farmaci per usi oftalmici».

Tuttavia, le vendite di Avastin stentano a crollare. E a preoccuparsi è proprio l’azienda che lo produce, Roche. L’ad di Novartis Farma invia una mail a quello di Roche: «Caro abbiamo appena portato a termine una ricerca di mercato relativa all’uso di farmaci per alcune specifiche indicazioni della retina. Vedi in allegato una scheda che ne riassume i risultati per tua informazione e considerazione». I dati mostravano come Lucentis avesse un 43% del mercato del trattamento della degenerazione maculare senile e Avastin il 41.

A stretto giro di posta risponde l’a.d, di Roche: «Ciao , sono più che sorpreso nel leggere questi dati. Per favore puoi darmi qualche dettaglio in più? ». I due concordano un’incontro. «Possiamo discutere personalmente alla prima occasione, per esempio il prossimo incontro in Farmindustria».

Basilea, abbiamo un problema

A complicare le cose ci si mette la crisi economica. L’obbligo del contenimento della spesa porta l’allora ministro della Salute, Renato Balduzzi, a inserire nel testo del decreto che porterà il suo nome una norma che prevede «una sorta di “liberalizzazione” degli usi off-label dei farmaci in funzione del contenimento della spesa farmaceutica», ricostruisce l’Autorità.

Se la norma andasse in porto tutti gli sforzi sarebbero vani. «Tale innovazione viene percepita con grande preoccupazione dall’industria farmaceutica, come dimostra un comunicato stampa particolarmente critico adottato al riguardo dal GEF di Farmindustria, comunicato sottoposto in via preliminare dall’a.d. di Roche Italia a vari soggetti di primissimo profilo, tra cui l’a.d. di Novartis Farma».

«Il decreto Balduzzi che liberalizza l’off label è una spada di Damocle che sdoganerà l’utilizzo di Avastin in oftalmologia», scrive il capo dell’Ufficio comunicazione di Roche Italia in una mail diretta ad altri dirigenti della società.

I contatti tra le aziende si intensificano. Vengono coinvolte le case madri. C’è un pericolo: «che le soluzioni tentate in Italia di contenimento della spesa farmaceutica (tra cui, come già visto, quelle del decreto Balduzzi appositamente dedicate al caso Avastin) possano venir replicate in Francia». E nei Paesi con difficoltà economiche. 

Sarebbe un disastro. Ma tutto si sistema. «Nel novembre 2012 il decreto Balduzzi sarà convertito in legge con notevoli emendamenti, tra cui la definitiva scomparsa della disposizione relativa alla liberalizzazione dell’uso off-label di Avastin», ricorda l’Antitrust.

Le spine nel fianco

Il 2 luglio 2012 lavoce.info pubblica un articolo a firma di Nicola Magrini e della senatrice Nerina Dirindin. Il titolo è eloquente: Come risparmiare 200 milioni con un solo farmaco. L’articolo (che non è più raggiungibile sul sito della testata ma è rintracciabile in rete) è molto critico sulla vicenda Avastin/Lucentis e parla espressamente di “potenziali comportamenti collusivi” da parte di Roche e Novartis.

«Viene subito scambiato tra i capi dei servizi legali delle due filiali italiane, quindi girato dal capo dei servizi legali di Roche Italia al suo a.d. con il commento: “Urgente una (nostra) iniziativa di Farmindustria!”», riporta l’Antitrust. «Nella stessa giornata l’articolo viene fatto circolare tra vari dirigenti di Roche Italia, ai quali l’a.d. della società scrive rinviando alla posizione adottata in proposito dalla casa madre e proponendo di coordinarsi con Novartis Farma per la gestione della vicenda . Il giorno successivo uno dei manager di Roche Italia compresi nella corrispondenza appena citata scrive all’a.d. e altri dirigenti della sua società per confermare l’avvenuta presa di contatti con Novartis Farma e lo scambio di considerazioni in proposito: “abbiamo sentito la . Hanno distribuito una nota focalizzata su Lucentis a La Voce, Fatto Quotidiano e Adnkronos e per ora non hanno in previsione altre azioni. Noi continuiamo a tenere monitorata la situazione sui media e siamo pronti con i materiali global in caso di evoluzioni”».

Nel frattempo la Società oftalmologica italiana intensifica le sue azioni a favore dell’impiego di Avastin e chiede di reinserire il farmaco nella lista di quelli rimborsati dal servizio sanitario nazionale. La società scientifica comincia a ottenere visibilità, «i contatti tra i vertici di Roche Italia e Novartis Farma si moltiplicano proprio al fine di trovare soluzioni condivise. Entrambe le società italiane seguono inoltre con preoccupazione le attività di sensibilizzazione pubblica di Soi e si mantengono reciprocamente informate in proposito, come dimostra una mail con cui l’a.d. di Novartis Farma inoltra nell’ottobre 2012 all’a.d. di Roche un video del presidente di Soi volto a sostenere la prosecuzione dell’impiego oftalmico di Avastin anche dopo la sua esclusione dalla Lista 648, video che viene subito fatto circolare all’interno di Roche Italia con toni preoccupati».

La Soi, di lì a poco, allenterà lo sforzo comunicativo per adire le vie legali con la denuncia all’Antitrust. 

Così si arriva a oggi. E alle parole senza mezzi termini dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato: «i gruppi Roche e Novartis hanno posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza, contraria al diritto antitrust comunitario, nel mercato dei farmaci».

Un’intesa che ha avuto costi enormi per il Servizio sanitario: circa 44,8 milioni di euro nel solo 2012 derivanti dalla sostituzione di Avastin con Lucentis. E ancora più alti potrebbero essere nei due anni successivi: 595,8 milioni di euro nel 2013 e circa 678,6 milioni di euro nel 2014 (a fronte di 55,8 e 63,5 milioni che si spenderebbero se si usasse Avastin).

Non solo. L’aumento della spesa ha provocato «rilevanti difficoltà nell’organizzazione dei servizi sanitari da parte delle Regioni, a fronte della necessità di riprogrammare le risorse finanziarie da destinare all’acquisto del farmaco più costoso , con una limitazione nell’accesso alle cure per pazienti affetti da gravi patologie. Secondo quanto comunicato in proposito da Soi, “100.000 pazienti non riescono ad avere accesso alla cura”».