La sanità pubblica di fronte a un bivio: rilanciare o smantellare?

Il Rapporto

La sanità pubblica di fronte a un bivio: rilanciare o smantellare?

di redazione
Definanziamento progressivo, sprechi e inefficienze stanno mandando in crisi la sostenibilità del Servizio sanitario. La Fondazione Gimbe fotografa la situazione attuale e propone un piano di salvataggio. Invitandoci a non fidarci delle classifiche che ci mettono sul podio

Non c’è alcuna trama segreta per smantellare e privatizzare il Servizio sanitario nazionale. Ma c’è poco da rallegrarsene visto che manca del tutto un valido e lungimirante piano di salvataggio. Così la vedono gli esperti della Fondazione Gimbe che hanno appena presentato il 3° Rapporto sulla sostenibilità del Servizio sanitario nazionale. 

Lasciamo stare le classifiche

Il documento si apre con una doccia fredda che aiuta a svegliarsi da un’illusione che faceva comodo a molti. Analizzando nel dettaglio i criteri utilizzati nelle classifiche internazionali, il Rapporto Gimbe ci fa capire che eravamo seduti su finti allori e che le performance del nostro servizio sanitario, a guardare le cose più in profondità, non sono da podio.

 

«Occorre fermare le strumentalizzazioni nel dibattito pubblico e nelle comunicazioni istituzionali – puntualizza Nino Cartabellotta, presidente di Fondazione Gimbe – che decantano prestigiose posizioni del nostro Ssn in classifiche ormai obsolete (2° posto nella classifica Oms del 2000 con dati 1997), oppure che mettono in relazione l’aspettativa di vita con la spesa sanitaria pro-capite (3° posto nella classifica Bloomberg) per cui meno spendiamo più scaliamo la classifica, visto che la longevità dipende soprattutto da altre ragioni». 

L’unico sistema valido per individuare le aree di miglioramento è quello dell’Ocse, che non stila nessuna classifica.  E così il Rapporto ha analizzato 194 indicatori riportando per 151 di essi la posizione in classifica del nostro Ssn, il dato nazionale e la media Ocse.

«La classifica dell’Oms del 2000 - si legge nel Rapoorto - formulata sulla base di dati riferiti al 1997 oggi ha solo un valore storico e non dovrebbe più essere citata. Nel riportare la posizione dell’Italia nella classifica Bloomberg, è indispensabile precisare sempre le modalità con cui viene costruito l’indicatore, sottolineando che misurando solo la dimensione dell’efficienza rischia di sovrastimare la qualità del nostro Ssn».

La spesa sanitaria

157,613 miliardi di euro. A questa cifra ammonta la spesa sanitaria per il 2016. Che deriva dalla somma dei 112,182 miliardi di spesa pubblica, dei 45,431 miliardi di spesa privata, dei  5,601 miliardi di spesa intermediata (3,831 miliardi da fondi sanitari,  0,593 miliardi da polizze individuali,  1,177 miliardi da altri enti) e dei 39,830 miliardi di spesa a carico delle famiglie (out-of-pocket). In altri termini, nel 2016 il 28,8 per cento della spesa sanitaria è privata e di questa quasi l’88 per cento è sostenuta direttamente dalle famiglie.

Entrando nel dettaglio del grande calderone della spesa pubblica (valutata con il nuovo sistema dei conti della sanità Itat-Sha), i conti sono i seguenti: l’assistenza sanitaria per cura e riabilitazione assorbe 82,032 miliardi di euro, i prodotti farmaceutici e altri apparecchi terapeutici 31,106 miliardi, la long-term care  15.067 miliardi, i servizi ausiliari 12,342 miliardi, i servizi per la prevenzione delle malattie 6,057 miliardi, mentre 2,896 miliardi sono destinati a governance e amministrazione del servizio nazionale.

«Al di là di rivalutare cifre assolute e composizione percentuale della spesa sanitaria- spiega Cartabellotta - la vera sfida è identificare il ritorno in termini di salute delle risorse investite (value for money): le nostre stime preliminari dimostrano che il 19 per cento della spesa pubblica, almeno il 40 per cento di quella out-of-pocket ed il 50 per cento di quella intermediata non producono alcun ritorno in termini di salute».

Quel che manda in crisi la sostenibilità

Definanziamento pubblico, sostenibilità ed esigibilità dei nuovi Lea, sprechi e inefficienze ed espansione incontrollata del “secondo pilastro”. Sono queste le macro-determinantidella crisi di sostenibilità del Ssn. 

Definanziamento pubblico. Nel periodo 2013-2018 a fronte di quasi  7 miliardi di aumento nominale del finanziamento, ne sono “sopravvissuti” meno di 6;. Nel periodo 2015-2018 l’attuazione degli obiettivi di finanza pubblica ha sottratto, rispetto ai livelli programmati,12,11 miliardi di euro. «Con tale definanziamento progressivo – precisa Cartabellotta – l’Italia continua inesorabilmente a perdere terreno nel confronto con gli altri paesi, con una percentuale di Pil e una spesa pro-capite inferiori alla media Ocse e che si avvicinano sempre di più ai Paesi dell’Europa orientale». 

Sostenibilità dei Lea. A 14 mesi dal traguardo politico raggiunto con la pubblicazione del decreto sui “nuovi Lea” il Rapporto Gimbe ne analizza le criticità. «Nell’impossibilità di aumentare il finanziamento pubblico – sottolinea Cartabellotta –  è indispensabile rivalutare complessivamente tutte le prestazioni inserite nei Lea  al fine di attuare un “consistente sfoltimento” e mettere fine all’inaccettabile paradosso per cui in Italia convivono il “paniere Lea” più ricco (sulla carta) ed un finanziamento pubblico tra i più bassi d’Europa».

Spechi e inefficienze. L’impatto degli sprechi sulla spesa sanitaria pubblica nel 2017 è stato di 21,59 miliardi, dovuti a  sovra-utilizzo di servizi e prestazioni sanitarie inefficaci o inappropriate (6,48 mld), frodi e abusi (4,75 mld), acquisti a costi eccessivi (2,16 mld), sottoutilizzo di servizi e prestazioni efficaci e appropriate (3,24 mld), complessità amministrative (2,37 mld), inadeguato coordinamento dell’assistenza (2,59 mld). È andata un poì meglio rispetto al 2016, con un recupero complessivo di oltre 1,3 miliardi, grazie ai numerosi interventi messi in atto.

Espansione del secondo pilastro. «La proposta di affidarsi al “secondo pilastro” per garantire la sostenibilità del Ssn – spiega il Presidente – si è progressivamente affermata per l’interazione di vari fattori: in particolare, nelle crepe di una normativa frammentata e incompleta che ha permesso alla sanità integrativa di diventare sostitutiva si è insinuata una raffinata strategia di marketing  alimentata da catastrofici, ma inverosimili, risultati sulla rinuncia alle cure». Il Rapporto fotografa la situazione dei “terzi paganti” in sanità, le coperture offerte, l’impatto di fondi sanitari e delle polizze assicurative sulla spesa sanitaria. E valuta tutti i potenziali “effetti collaterali” del secondo pilastro, dai rischi per la sostenibilità a quelli di privatizzazione, dall’aumento delle diseguaglianze all’incremento della spesa sanitaria, dal sovra-utilizzo di prestazioni sanitarie alla frammentazione dei percorsi assistenziali.

La prognosi

Con queste premesse, non ci si può aspettare una prognosi tanto incoraggiante. Gli esperti della Fondazione Gimbe prevedono che nel 2025 il fabbisogno del Ssn sarà di  220 miliardi. L’incremento della spesa sanitaria totale tra il 2017 e il 2025 è stato stimato  in  27 miliardi di euro (9 miliardi pubblica e 18 miliardi privata). A questi ritmi si raggiungerebbe nel 2025 una cifra di poco superiore ai 184 miliardi di euro, a cui si aggiungerebbero circa  15 miliardi dal recupero graduale di risorse dal disinvestimento,  da sprechi e inefficienze (per complessivi 70 miliardi complessivi nel periodo 2017-2025).  

Ma i conti non tornano: siamo ancora lontani dalle necessità del futuro prossimo.

«Nonostante la stima della spesa totale sia conservativa - precisa Cartabellotta - e il disinvestimento estremamente impegnativo, per raggiungere il fabbisogno stimato mancherebbero comunque ancora € 20,5 miliardi, una cifra che impone scelte politiche ben precise». In altri termini, secondo il presidente «visto che la soluzione non è sicuramente rappresentata dal “secondo pilastro”, senza un consistente rilancio del finanziamento pubblico sarà impossibile mantenere un servizio sanitario pubblico equo e universalistico».

Il piano di salvataggio in 12 mosse

Alla fine del Rapporto arriva finalmente la “pars costruens”. Ovvero un piano in 12 punti che verrà aggiornato periodicamente e che servirà da road-map per chi ha il compito di rimettere in sesto la nostra sanità. 

1. Salute al centro di tutte le decisioni politiche non solo sanitarie, ma anche industriali, ambientali, sociali, economiche e fiscali

2. Certezze sulle risorse per la sanità: stop alle periodiche revisioni al ribasso e rilancio del finanziamento pubblico

3. Maggiori capacità di indirizzo e verifica dello Stato sulle Regioni nel pieno rispetto delle loro autonomie

4. Costruire un servizio socio-sanitario nazionale, perché i bisogni sociali sono strettamente correlati a quelli sanitari

5. Ridisegnare il perimetro dei Lea secondo evidenze scientifiche e princìpi di costo- efficacia e rivalutare la detraibilità delle spese mediche secondo gli stessi criteri

6. Eliminare il superticket e definire criteri nazionali di compartecipazione alla spesa sanitaria equi e omogenei

7. Piano nazionale contro gli sprechi in sanità per recuperare almeno 1 dei 2 euro sprecati ogni 10 spesi

8. Riordino legislativo della sanità integrativa per evitare derive consumistiche e di privatizzazione

9. Sana integrazione pubblico-privato e libera professione regolamentata secondo i reali bisogni di salute delle persone

10. Rilanciare le politiche per il personale e programmare adeguatamente il fabbisogno di medici, specialisti e altri professionisti sanitari

11. Finanziare ricerca clinica e organizzativa: almeno l’1% del fondo sanitario nazionale per rispondere a quesiti rilevanti per il Ssn

12. Programma nazionale d’informazione scientifica a cittadini e pazienti per debellare le fake-news, ridurre il consumismo sanitario e promuovere decisioni realmente informate.

«Visto che le azioni del prossimo Esecutivo saranno cruciali per il futuro del Ssn – conclude Cartabellotta –  i 12 punti programmatici del “piano di salvataggio” costituiranno il riferimento dell’Osservatorio Gimbe per monitorare il programma di Governo per la sanità perché il diritto alla tutela della salute degli italiani è oggi più che mai condizionato da scelte politiche. Se si intende realmente preservare la più grande conquista dei cittadini italiani, oltre ad aumentare il ritorno in termini di salute del denaro investito in sanità, è indispensabile invertire la rotta sul finanziamento pubblico. In alternativa, occorrerà governare adeguatamente la transizione ad un sistema misto, al fine di evitare una lenta involuzione del Ssn che finirebbe per creare una sanità a doppio binario, sgretolando i princìpi di universalismo ed equità che da 40 anni costituiscono il Dna del nostro Servizio sanitario nazionale».