Tubercolosi, per eradicarla entro il 2035 serve una marcia in più

Salute globale

Tubercolosi, per eradicarla entro il 2035 serve una marcia in più

di redazione
Un mondo libero dalla tubercolosi entro il 2035, senza più morti, nuovi casi e sofferenza. In occasione della Giornata mondiale contro la Tbc, l'Organizzazione mondiale della sanità esorta i governi a sostenere con più sforzi e risorse la nuova strategia di eradicazione

È una chiamata a ingranare la marcia, un'esortazione "alla solidarietà e all'azione globale" quella rivolta dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) a tutte le nazioni del mondo in occasione della Giornata mondiale contro la tubercolosi che si celebra domani 24 marzo. "Gear up to End Tb" il motto scelto per sostenere la nuova strategia ventennale 2016-2035 che mira a debellare la tubercolosi nel mondo attraverso la riduzione del 95% dei decessi e del 90% dei casi registrati entro il 2035.

Gli ultimi anni sono stati fatti enormi progressi contro la malattia, con oltre 37 milioni di vite salvate. Ma la tubercolosi continua a diffondersi e a fare vittime: nel 2013 si sono ammalate nove milioni di persone, mezzo milione delle quali hanno sviluppato la forma multi-resistente ai farmaci, e ogni anno si contano nel mondo un milione e mezzo di morti per tubercolosi.

La "End Tb Strategy" adottata dai governi durante l'Assemblea mondiale della sanità lo scorso anno punta a sconfiggere la malattia attraverso tre azioni chiave: garantire a tutti diagnosi precoce, prevenzione e cure, intensificare gli sforzi di ricerca e innovazione e adottare politiche coraggiose e di supporto per le fasce più deboli.

Un primo e importante traguardo da raggiungere entro i prossimi cinque anni, secondo l'Oms, sarà infatti l'eliminazione dei pesanti costi a carico dei pazienti e delle loro famiglie, soprattutte tra i più poveri, e ciò è possibile rendendo più accessibili le cure e minimizzando i costi medici e non medici e la perdita di reddito.

«È una questione di giustizia sociale, fondamentale per il nostro obiettivo di copertura sanitaria universale», ha dichiarato Margaret Chan, direttore generale dell'Oms. «Ogni uomo, donna o bambino con tubercolosi deve avere pari accesso agli strumenti e ai servizi innovativi di cui ha bisogno per una rapida diagnosi, trattamento e cura».

Per questo è necessario mettere in campo più risorse e investimenti per accellerare la ricerca e l'innovazione nel campo della diagnostica, dello sviluppo di farmaci e vaccini e per la loro diffusione capillare. Attualmente c'è da colmare una lacuna pari a due miliardi di dollari di finanziamenti ogni anno per gli interventi contro la Tbc e 1,39 miliardi di dollari per la ricerca sulla malattia.

Della stessa idea è anche l'European centre for disease prevention and control (Ecdc), che in questi giorni ha reso noto insieme all'Ufficio regionale Oms per l'Europa i dati sulla diffusione della tubercolosi nei paesi europei: 64.844 casi nel 2013, il 6% in meno rispetto all'anno precedente. Un declino troppo lento, però, per liberare l'Europa dalla tubercolosi già in questo secolo, secondo Marc Sprenger, direttore dell'Ecdc: «per eliminare la Tbc entro il 2050 avremmo dovuto ridurre i casi con un ritmo di almeno il doppio».

Inoltre, il report europeo mette in evidenza la necessità di interventi specifici per ogni paese a seconda delle diverse emergenze da affrontare. «Nonostante i numeri storicamente bassi e un calo significativo nel corso degli ultimi dieci anni, i paesi dell'Ue e dello spazio economico europeo non stanno progredendo tutti nello stesso modo e devono affrontare sfide specifiche», spiega Sprenger. «Nella maggior parte dei paesi a bassa incidenza, i tassi sono stabili o in discesa molto lenta e la maggior parte dei pazienti è di origine straniera. I paesi con elevata incidenza si trovano invece a fare i conti con alti tassi di re-infezione e ricadute e molti casi multiresistenti».

E in Italia qual è la situazione? Il nostro è un paese a bassa endemia con 10 casi ogni 100 mila abitanti e una maggiore incidenza nelle aree metropolitane, in particolare a Roma e Milano. L'Associazione microbiologi clinici italiani (Amcli) richiama l'attenzione sull'importanza della diagnosi precoce dei nuovi casi e della stretta aderenza alla terapia come misure efficaci di prevenzione del contagio.

«Da anni l'Amcli si batte per l'istituzione dei centri regionali di riferimento per la diagnostica della tubercolosi e delle micobatteriosi. In molte regioni tali centri sono ormai una realtà, in altre si registrano dei ritardi non giustificati», spiega Pierangelo Clerici, presidente Amcli. «È ormai chiaro che solo la concentrazione in centri ad alta specializzazione può conciliare le diverse esigenze di una diagnostica di qualità, omogenea per tutti i cittadini, e del contenimento dei costi».