Big Tobacco punta all’Africa: è più facile vendere sigarette dove non ci sono leggi anti-fumo

La tattica

Big Tobacco punta all’Africa: è più facile vendere sigarette dove non ci sono leggi anti-fumo

di redazione
Popolazione numerosa, economia in crescita e poche iniziative restrittive. I Paesi dell’Africa subsahariana sono i nuovi clienti ideali delle multinazionali del tabacco. È quanto emerge dal Tobacco Atlas dell’American Cancer Society (Acs) e Vital Strategies

Mantenere basso il prezzo del prodotto per invogliarne l’acquisto, minacciare azioni legali a chiunque ne ostacoli la distribuzione, conquistarsi la simpatia dei politici al governo con donazioni sostanziose per opere di interesse pubblico. Non c’è dubbio, Big Tobacco le strategie di marketing le conosce bene e le sta sfruttando tutte per conquistare il mercato di quei Paesi che ancora non hanno adottato misure anti-fumo. È quanto emerge dal Tobacco Atlas, il rapporto redatto dall’American Cancer Society (Acs) e da Vital Strategies che fotografa l’“epidemia di tabacco” nel mondo, con tanto di grafici sui Paesi dove si fuma di più o di meno, sui casi di successo nel controllo del fumo e sulle fette di mercato appetibili per le multinazionali. 

Con una popolazione numerosa, un’economia in crescita e una legislazione poco o per nulla restrittiva, i Paesi dell’Africa Subsahariana sono i clienti ideali a cui vendere quei pacchetti di sigarette oramai malvisti in tante altre parti del mondo. 

In questa zona il consumo di sigarette è aumentato del 52 per cento tra il 1980 e il 2016, passando da 164 miliardi a 250 miliardi. A Lesotho, per esempio, la percentuale di fumatori nella popolazione è più che triplicata in dieci anni (dal 15% del 2004 al 54% del 2015). E in Etiopia, Nigeria, Somalia e Senegal i neo fumatori sono soprattutto giovani, un dato preoccupante per l’impatto sulla salute pubblica e i costi sanitari futuri, ma un ottimo investimento per i produttori di sigarette. 

Eppure in Africa gli esempi di efficaci politiche anti-fumo non mancano: in Ghana e in Madagascar sono vietate le pubblicità di sigarette, in Burkina Faso, Djibouti, Kenya, e Madagascar i pacchetti mostrano immagini esplicite sui danni del fumo, in Sud Africa si ricorre alle tassazioni sul prodotto come deterrente per il consumo, in Kenya è attivo un efficace sistema di monitoraggio del commercio illegale. 

Il Tobacco Atlas, giunto alla sesta edizione, è stato presentato nel corso della World Conference on Tobacco or Health che si è tenuta a Cape Town in Sud Africa dal 7 al 9 marzo. 57 pagine per descrivere la relazione tra due fenomeni che nel titolo della conferenza sono eloquentemente legati dalla congiunzione disgiuntiva “or”: tabacco e salute sono incompatibili. 

Si legge nel Tobacco Atlas che solamente nel 2016 il fumo ha causato 7,1 milioni di morti nel mondo. Nella maggior parte dei casi si è trattato di fumatori, ma ci sono stati 884 mila decessi associati al fumo passivo. 

I danni del fumo sulla salute, diretto o indiretto che sia, pesano sull’economia mondiale per più di due trilioni di dollari all’anno, tanto quanto il 2 per cento della produzione economica totale mondiale. 

Tutte queste cifre sono ampiamente superate dai profitti di Big Tobacco: nel 2015 i produttori di sigarette hanno guadagnato nel complesso 62,27 miliardi di dollari. 

Gli autori del Tobacco Atlas però sono fiduciosi: la lotta al fumo non è una battaglia persa. Tassando le sigarette, per esempio, si potrebbe ottenere una riduzione del consumo nel mondo del 30 per cento entro il 2025, il che si traduce in 38 milioni di vite salvate e quasi 17 trilioni di dollari risparmiati. Nelle Filippine la strategia ha funzionato: le tasse sul fumo introdotte nel 2013 hanno spinto più di un milione di persone a smettere di fumare. Sono efficaci anche i messaggi sui pacchetti che, secondo il governo australiano, sono riusciti a convincere più di 100mila fumatori a rinunciare alle sigarette tra il 2012 e il 2015. 

«I dati sono chiari - scrivono gli autori del Tobacco Atlas - le misure come aumentare le tasse o promulgare leggi sul divieto totale di fumo indubbiamente funzionano. Troppi governi però non si sono ancora impegnati per adottarle. L’opportunità di salvarci la vita si trova proprio in questo gap».