Coronavirus. Riaprire su dati parziali aumenta il rischio di una nuova ondata a inizio estate

L'avvertimento

Coronavirus. Riaprire su dati parziali aumenta il rischio di una nuova ondata a inizio estate

di redazione

Se le riaperture annunciate per il 18 maggio si baseranno esclusivamente sul tasso di occupazione di posti letto in terapia intensiva e in area medica tutte le Regioni sono pronte. Se invece nelle decisioni entrano in gioco i casi notificati alla Protezione civile e il valore di Rt, gli effetti dell’allentamento del lockdown dello scorso 4 maggio potranno essere misurati solo dalla prossima settimana. E il rischio è che un nuovo picco della pandemia arrivi già all'inizio dell'estate, ben prima del prossimo autunno.

L'avvertimento è della Fondazione Gimbe, il cui monitoraggio nella settimana tra il 7 e il 13 maggio conferma sia il costante alleggerimento di ospedali e terapie intensive, sia il rallentamento di contagi e decessi.

Ma «se da un lato questi numeri alimentano l’ottimismo e invitano ad anticipare riaperture di attività e servizi – commenta Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione – dall’altro bisogna essere consapevoli che l’epidemia è ancora attiva, che in Italia si stimano 3-4 milioni di persone contagiate e che i soggetti asintomatici rappresentano una fonte certa di contagio. Tuttavia, nel dibattito pubblico delle ultime settimane la vertiginosa rincorsa alle riaperture ha preso il sopravvento rispetto a una scrupolosa programmazione sanitaria della Fase 2 su cui non mancano criticità».

Dalle proprie analisi la Fondazione ricava che il tempo medio tra il contagio e la comparsa dei sintomi è di cinque giorni, con un range da due a 14 giorni; che i tempi per la conferma della diagnosi richiedono 9-10 giorni sulla base dei dati dell’Istituto superiore di sanità; infine, che la comunicazione dei nuovi casi dalle Regioni alla Protezione civile non è immediata.

In considerazione di queste tempistiche, l’impatto dell’allentamento del lockdown dello scorso 4 maggio «potrà essere valutato solo tra il 18 maggio e la fine del mese – sostiene la Fondazione - peraltro presupponendo che la comunicazione dalle Regioni alla Protezione civile avvenga in tempo reale».

In sostanza, poiché la diagnosi di infezione da Coronavirus può avvenire anche due o tre settimane dopo l’infezione (l'incubazione arriva a 14 giorni) e i tempi tra l’inizio dei sintomi, la ricerca di assistenza medica e il completamento dei test di laboratorio, il valore di Rt può essere stimato solo fino a circa 15 giorni nel passato.

Ciò significa, precisa Cartabellotta, che «solo tra due settimane conosceremo gli Rt conseguenti all’allentamento del 4 maggio».

Insomma, «il “contagioso” entusiasmo per la fase 2 – conclude il presidente della Fondazione Gimbe – sta generando un pericoloso effetto domino sulle riaperture, rischiando di vanificare i sacrifici degli italiani».