Farmaceutica, dove le pari opportunità non sono uno slogan

8 marzo

Farmaceutica, dove le pari opportunità non sono uno slogan

di Michele Musso
Tutto si può rimproverare alle aziende del farmaco ma non che applichino una qualche forma di discriminazione di genere. Non esiste infatti settore economico in Italia in cui la presenza femminile, a tutti i livelli, sia così forte

Il rosa si spreca alla vigilia della Festa della donna. Rosa era anche lo sfondo del Tempio di Adriano a Roma che lunedì 7 marzo ha ospitato un incontro promosso da Farmindustria, l’associazione delle imprese del farmaco che operano in Italia, che per titolo aveva Le donne per la farmaceutica, la farmaceutica per le donne. Per tutta la mattinata, sul palco si sono succedute numerose rappresentanti di quello che qualcuno ancora si ostina a chiamare “gentil sesso”: da Susanna Camusso per la Cgil ad Annamaria Furlan per la Cisl, da Tiziana Bocchi della Uil a Nicoletta Luppi che, a tutt’oggi, è l'unica donna a essere presidente e amministratore delegato di non una, bensì due aziende farmaceutiche (MSD Italia e Sanofi Pasteur MSD). Per non parlare del ministro della Salute, Beatrice Lorenzin (che non ha voluto lasciare a casa la figlia) e Stefania Giannini, ministro dell’Istruzione. Unica, vera, inevitabile nota stonata azzurra a spezzare il rosa dominante, quella di Massimo Scaccabarozzi, maschio presidente di Farmindustria. Compensata, però, da Enrica Giorgetti, che di Farmindustria è direttore (ma sarebbe meglio dire direttrice) generale e che nell’occasione ha fatto gli onori di casa aprendo i lavori.

Al di là della retorica, tuttavia, è difficile negare che l’industria del farmaco italiana possa vantare una tonalità rosa decisamente più marcata rispetto ad altri settori produttivi nazionali. Per esempio, è donna il 43 per cento di chi ci lavora, contro una media manufatturiera italiana del 25 per cento. E non è solo questione di quantità: il 54 per cento delle donne che ci lavorano sono laureate e il 36 per cento diplomate (per chi non lo abbia notato, il totale fa 90%: nove su dieci) contro, rispettivamente, il 21 per cento e il 42 per cento medi del manufatturiero in generale (63% medio complessivo). Non solo: sul totale dei dirigenti, nel farmaceutico le donne sono quasi una su tre (31%) contro il 12 per cento medio di tutta l’industria e il 42 per cento dei “quadri”, a fronte del 23 per cento dell'industria; nella Ricerca e sviluppo di nuovi medicinali, poi, le donne sono più della metà degli addetti: siamo ancora sotto alla media delle farmaceutiche in Europa (che comunque supera di poco il 55%), ma decisamente sopra al totale delle imprese che operano in Italia (intorno al 20%). Insomma, per dirla con Scaccabarozzi, l'industria farmaceutica italiana «punta sempre più sulle capacità e sulle competenze delle donne», a dimostrazione della «spinta innovativa che può venire dalle donne, grazie al loro entusiasmo e alla creatività e tenacia». Nella farmaceutica, sostiene il presidente di Farmindustria, «le pari opportunità non sono uno slogan. Il contributo femminile all’attività delle imprese del farmaco è fondamentale. E così le aziende hanno giocato d’anticipo sui tempi con misure per favorire la vita privata. C’è un legame profondo tra l’industria farmaceutica e le donne. Imprenditrici, manager, dirigenti. E non solo: nella ricerca, negli stabilimenti produttivi, nell’amministrazione. Insomma in tutti i campi e in tutti i ruoli». 

Non per nulla, sottolinea Scaccabarozzi, l’industria del settore ha per esempio previsto per la maternità periodi di aspettativa più lunghi rispetto alla legge e al contratto nazionale di lavoro e introdotto per le neomamme la possibilità dello smart working. E si è anche dichiarato d’accordo con Camusso che nel suo intervento s’è rivolta al ministro Lorenzin chiedendole di farsi promotrice in Consiglio dei ministri di una modifica che riduca l’età della pensione (non solo per le donne…).

Ovviamente tutte donne, poi, le ricercatrici pubbliche che si sono aggiudicate i tre premi Farmindustria-Telethon da 10 mila euro ciascuno. Su 450 domande presentate, la Commissione composta da Francesca Pasinelli (direttore generale della Fondazione Telethon), Flavia Franconi (coordinatrice del gruppo Farmacologia di genere della Società italiana di farmacologia) e Adriana Albini, direttore scientifico della Fondazione MultiMedica Onlus, ha scelto Donella Puliti, ricercatrice all’Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica di Firenze, per una ricerca sulla Medicina di genere, in particolare sulle condizioni sociali che possono modificare l’adesione allo screening del tumore alla mammella; Jenny Sassone, ricercatrice all’Istituto neurologico Carlo Besta di Milano, per il lavoro che ha dimostrato il ruolo del gene PARK2 nella patogenesi della malattia di Parkinson; Maria Nicastro, dell’Azienda universitaria-ospedaliera di Parma per una ricerca sulla terapia di una malattia rara, la Erdheim-Chester. In questo caso, però, bisogna segnalare che il rosa s’è parecchio sbiadito: sui 450 progetti presentati, infatti, quelli sulla Medicina di genere non arrivavano a contare le dita delle due mani.