Farmaci on line: attenti alle bufale

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Farmaci on line: attenti alle bufale

di redazione
A quanto pare, gran parte degli internauti italiani sa di poter comprare medicinali on line e ce ne sono parecchi che lo hanno fatto. Molti, però, non sembrano conoscere i rischi che corrono. Un progetto europeo guidato dalla nostra Agenzia del farmaco per far crescere la consapevolezza

Lo sapete che oggi è possibile accendere un computer, un tablet o anche uno smartphone, fare una breve ricerca e comprare in internet il medicinale che vi serve? Uno che non abbia bisogno della ricetta medica, ovviamente. Se la risposta è sì, siete in buona compagnia; siete insieme con quel quasi 74 per cento di italiani che si dichiara informato di questa opportunità. Per la verità, è d'obbligo una precisazione: il 74 per cento è riferito a quella quota di internauti che nel nostro Paese si affaccia sul web almeno una volta a settimana e che comunque lo usa ormai abitualmente come luogo virtuale per le proprie frequentazioni sociali. Il sondaggio che ha dato questo risultato è stato promosso dall'Aifa, la nostra Agenzia regolatoria del settore farmaceutico, per capire come gli italiani si avvicinano al farmaco on line. I risultati sono stati presentati lunedì 23 maggio a Roma. Il sondaggio è propedeutico alla Campagna di comunicazione realizzata dall'Aifa nell’ambito di “Fakeshare”, un progetto europeo di cooperazione e intelligence per il contrasto alla vendita on line di medicinali illegali o contraffatti attraverso farmacie web o rivenditori non autorizzati.

Premesso dunque che il campione intervistato era composto da mille persone che almeno una volta a settimana si mettono a navigare il web (ma, a conti fatti, lo faceva non meno di una volta al giorno) e che era stratificato per età (sopra 18 anni, comunque), genere e area geografica, ne è risultato intanto che quasi tutti (97%) avevano effettuato acquisti on line e che praticamente due terzi (65%) lo fanno abitualmente. Insomma, la propensione all'acquisto via web tra quanti la Rete la frequentano abitualmente appare abbastanza comune.

In particolare, quasi tre intervistati su quattro (73,67% del campione) erano già a conoscenza della possibilità di comprare medicinali via internet, anche se sono meno quelli che la considerano positivamente: 40,74 per cento, contro il 33,64 per cento di coloro che invece non la vedono di buon occhio (il 25,03% si dichiara “neutrale”). Non solo, poi, praticamente tre quarti (72,57%) non lo ha mai fatto, ma ancora di più (il 74,37%) non consiglierebbe ad altri di farlo. Tra coloro che l'acquisto l'hanno fatto (in tutto 259 internauti), 202 (77,99%) si sono rivolti a un sito di contenuti in italiano e solo 35 (13,51%) attraverso contatti sui social network.

Quanto ai tipi di farmaci acquistati, in cima alla classifica si trovano a pari merito (27,57%) i prodotti per perdere peso e quelli per l'influenza. Decisamente staccati quelli per la disfunzione erettile (11,03%), anche se l'Aifa insinua il sospetto che questo dato sia «ragionevolmente sottostimato per via dell’imbarazzo sociale che spesso accompagna l’acquisto di questo genere di medicinali». Nel mezzo, farmaci come quelli per i dolori cronici (18,01%) o per smettere di fumare (14,34%). Solo dopo, con il 7,72 per cento, viene per esempio la pillola anticoncezionale. E veniamo ai dati sulla fiducia: complessivamente (tra “abbastanza” e “molto”) c'è un 44 per cento del campione che ritiene sicuri gli acquisti di medicinali via internet. Poco meno, cioè, di coloro che invece ne diffidano (47%). Opinioni in gran parte “autoformatesi”, sembrerebbe, visto che oltre il 74 per cento degli intervistati non è a conoscenza di iniziative che sensibilizzino l'opinione pubblica sui rischi che corre chi compra medicinali on line. Non soltanto: ben più di un terzo del campione (37,24%) ritiene che i media sottovalutino la questione e ne parlino meno di quanto meriterebbe.

Un caso concreto. Meno di due intervistati su dieci, d'altronde, erano a conoscenza della recente vicenda di una giovane donna pugliese morta per aver assunto un farmaco acquistato on line dallo studio medico dove era in cura e meno di un decimo ricordava episodi simili a quello accaduto in Puglia.

I commenti. «La percezione dei rischi legati all’acquisto online di medicinali da fonti non sicure come i siti internet non autorizzati è ancora largamente insufficiente nel nostro Paese» sostiene il direttore generale dell'Aifa, Luca Pani, ricordando il caso della morte di un giovane culturista di Foggia, dovuta, secondo le prime ricostruzioni, all’assunzione di una sostanza anabolizzante illegale. «Ma esistono molti altri casi di effetti collaterali letali – prosegue Pani - riconducibili a farmaci acquistati da canali illegali. Nel nostro Paese, inoltre, la recente regolamentazione della vendita online di medicinali senza obbligo di prescrizione, rappresenta un cambiamento significativo, che istituzioni come ministero della Salute e Aifa hanno il dovere di accompagnare, attraverso iniziative educative e di sensibilizzazione come questa. Preziosa – conclude - è anche la collaborazione con i Carabinieri del Nas per le azioni di contrasto al crimine farmaceutico». Quello secondo cui più del 40% degli internauti si dichiara favorevole all'acquisto di medicinali on line è «un dato su cui riflettere – sottolinea il direttore dell’Ufficio Qualità dei prodotti e contraffazione Aifa, Domenico Di Giorgio - specie se consideriamo che solo lo 0,6% dell’offerta di farmaci sul web è legale. L’iniziativa ideata e realizzata da Aifa, in collaborazione con le Agenzie regolatorie di Spagna e Portogallo che aderiscono ai progetti europei Fakeshare finanziati dalla Commissione europea, si propone di modificare questa percezione distorta e quindi i comportamenti di chi acquista su internet senza avere consapevolezza dei rischi».

La campagna di comunicazione punta a raggiungere una platea il più possibile ampia di pubblico attraverso la collaborazione di tutti i soggetti interessati: medici, farmacisti, associazioni di pazienti e di consumatori (e anche i media, si suppone...). I messaggi sono stati sviluppati partendo da casi reali, secondo un approccio “science based”.