La pandemia ha fermato la procreazione assistita. Nei primi mesi dell'anno 10mila cicli in meno

L’indagine

La pandemia ha fermato la procreazione assistita. Nei primi mesi dell'anno 10mila cicli in meno

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Immagine: ZEISS Microscopy from Germany, CC BY-SA 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0>, via Wikimedia Commons
di redazione
9289 cicli in meno rispetto al 2019 che si traducono in 1.500 nati in meno. Una riduzione globale dell’attività dei Centri del 40 per cento nelle regioni del Nord Ovest, più colpite dalla pandemia. Sono i risultati di un’indagine dell’Istituto Superiore di Sanità

Circa 10mila cicli di procreazione medicalmente assistita in meno, 1.500 bambini mai nati, il 60 per cento dei centri chiusi e l’attività di quelli aperti ridotta del 40 per cento. È l’impatto di Covid-19 sulle procedure di fecondazione assistita nei primi quattro mesi del 2020 calcolato dall’Istituto Superiore di Sanità attraverso la survey online del Registro Nazionale della Procreazione Medicalmente Assistita. 

L’indagine ha riguardato 201 centri, sia pubblici che privati, a cui lo scorso maggio è stato inviato un questionario sulla loro attività. In quel momento 191 centri erano attivi e 176 hanno risposto al sondaggio. Di questi, solo 3 (1,7%) hanno dichiarato di aver proseguito tutte le attività anche se non agli stessi ritmi del periodo pre-Covid. La quasi totalità dei centri (77,8%) ha invece sospeso ogni tipo di procedura. I nuovi cicli non sono stati avviati mentre i trattamenti in corso sono stati terminati ricorrendo al congelamento  congelamento di ovociti e/o embrioni o al trasferimento embrionario. Altri 36 centri hanno sospeso ogni attività proseguendo soltanto con visite e prescrizione di esami. 

Il 21 per cento di centri ha dovuto convertire parte della struttura a reparti Covid. Le strutture maggiormente coinvolte sono state quelle dei centri pubblici (43,9%), con un’attività media (28,7%) e grande (25,0%) e quelle situate nelle zone più colpite dalla diffusione del virus, e cioè nelle regioni del Nord Ovest (40,5%). 

Circa il 40 per cento dei centri ha sospeso l’attività nel periodo compreso tra  il 9 e il 17 marzo in concomitanza con l’emanazione della Nota Tecnica da del Registro Nazionale PMA e del CNT, sulle “misure di prevenzione della trasmissione dell'infezione da nuovo Coronavirus (SARS-CoV-2) in Italia per le cellule riproduttive e i trattamenti di PMA”. 

In quella nota si invitavano i centri di Pma a sospendere le procedure con l’unica eccezione della preservazione della fertilità nei pazienti oncologici. 

Tutti i centri hanno contattato le coppie per informarle del provvedimento e l’81,5 per cento delle strutture si è anche informata sulle eventuali preoccupazioni relative alla situazione emergenziale.

Dei 111 centri (64,2%) che offrono questo servizio, solo 51 (45,9%) hanno dichiarato di aver avuto in trattamento dei pazienti nel periodo oggetto della survey. In particolare, i centri maggiormente attivi sono stati i centri pubblici (80%) e quelli nelle regioni del Nord Ovest (65,2%).

Dei centri rispondenti solo il 51,4 per cento (89 in tutto) ha dichiarato di eseguire trattamenti di PMA con donazione di gameti. La maggioranza di questi (56,2%) ha deciso di rinviare il trattamento, il 22,5 per cento non ha avviato alcun un ciclo di PMA con donazione di gameti, il 15,7 per cento invece ha deciso di proseguire i trattamenti in corso fino al trasferimento in utero dell’embrione.