Gli psichiatri: la depressione grave aumenta il rischio di altre 22 malattie. Attenzione ai gesti irreversibili dei pazienti

L’allarme

Gli psichiatri: la depressione grave aumenta il rischio di altre 22 malattie. Attenzione ai gesti irreversibili dei pazienti

di redazione

Le persone che con un disturbo grave dell’umore hanno un rischio dal 12 al 32% più alto di andare incontro a ben 22 patologie diverse.

Lo ha dimostrato un recente studio australiano pubblicato su Molecular Psychiatry per cui sono stati analizzati i dati genetici di oltre 330 mila persone: la depressione non è semplicemente associata a queste patologie né è una loro conseguenza, piuttosto ne è una causa diretta.

A ricordarlo sono gli psichiatri della Sip, la Società italiana di psichiatria, nel giorno in cui la loro sede nazionale torna a Roma, nel complesso del Santa Maria della Pietà, alla vigilia della Giornata ondiale della salute mentale del 10 ottobre che quest'anno è dedicata alla difficile prevenzione del rischio suicidario.

I pericoli della depressione, infatti, non finiscono con le altre malattie, perché chi soffre di depressione grave ha un rischio di suicidio più elevato: dal 40 al 70% dei pazienti ha pensieri suicidari e il 10-15% dei gesti estremi si verifica in chi soffre di depressione.

«La depressione purtroppo è in continua crescita: secondo l’Organizzazione mondiale della sanità l’incidenza è aumentata quasi del 20% in dieci anni»– spiega Massimo Di Giannantonio, presidente eletto della Sip e professore di Psichiatria all'Università G. D'Annunzio di Chieti.

«Purtroppo la spesa media italiana per i servizi di salute mentale è inferiore al 3,5% della spesa sanitaria – ricorda Enrico Zanalda, presidente Sip e direttore del Dipartimento di Salute mentale della Asl Torino3 – a fronte dell’ipotetico 5% considerato necessario e dell’8-15% investito negli altri Paesi del G7: dati che spiegano la situazione di grave difficoltà in cui si trovano attualmente i 145 Dipartimenti di Salute mentale del nostro Paese. Negli ultimi anni la richiesta di prestazioni rivolta ai Servizi di salute mentale è molto aumentata, sia quantitativamente sia qualitativamente, e abbiamo assistito a importanti progressi nelle tipologie e modalità dei trattamenti farmacologici, riabilitativi, psicoeducazionali e psicoterapeutici in psichiatria». Tutto questo ha migliorato gli esiti delle malattie, «ma lo psichiatra deve poter intervenire precocemente e in maniera efficace all’esordio delle patologie psichiche – avverte Zanalda - quando l’intervento ha le maggiori probabilità di esito favorevole; invece nei soggetti in trattamento da molti anni, che non mostrano più possibilità di evoluzione positiva della malattia, il percorso dovrebbe essere assistenziale. Tutto ciò implica uno sforzo da parte dei sistemi sanitari, che invece non hanno ancora trovato una risposta al carico rappresentato dai disturbi mentali».

La conseguenza è che oggi in Italia «c’ è una netta distanza tra il bisogno e l’offerta di cure, tra quello che si potrebbe realizzare con le attuali conoscenze e quello che viene realizzato con le attuali risorse nei servizi. Maggiori investimenti culturali ed economici dovranno concretizzarsi in migliori percorsi di prevenzione, cura e riabilitazione nell’ambito della salute mentale – auspica il presidente Sip - che va considerata in tutti i programmi per la salute dei singoli e della popolazione poiché salute fisica e mentale non sono disgiunte».