Quando il lavoro uccide. Quasi due milioni di morti all’anno per incidenti o malattie 'professionali'

Rapporto OMS-ILO

Quando il lavoro uccide. Quasi due milioni di morti all’anno per incidenti o malattie 'professionali'

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Immagine: © World Health Organization and International Labour Organization, 2021
di redazione
Il primo fattore di rischio è l’orario di lavoro eccessivo, responsabile di 750mila morti all’anno nel mondo. Al secondo posto c’è l’esposizione alle sostanze inquinanti con 450mila morti. Il primo rapporto OMS-ILO indica in dettaglio le principale cause di morte dei lavoratori Paese per Paese

Malattie respiratorie, ictus, cardiopatie e infortuni. Sono le cause più frequenti di morte associata al lavoro responsabili di quasi 2 milioni di decessi all’anno nel mondo. Lavorare troppo con orari di lavoro eccessivamente lunghi o lavorare in ambienti inquinati respirando sostanze tossiche sono le condizioni che compromettono maggiormente la salute e accorciano la vita. La stima proviene dal primo rapporto congiunto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dell’International Labour Organization (ILO) che ha valutato l’impatto del lavoro sulla mortalità. L’81 per cento dei decessi associati al lavoro dipende da malattie non trasmissibili. Le malattie respiratorie come la broncopneumopatia cronica ostruttiva provocano 450mila morti, l’ictus 400mila e le cardiopatie ischemiche 350mila. Gli infortuni sono responsabili del 19 per cento delle morti (360mila). 

Gli autori del rapporto hanno realizzato una mappa interattiva che fornisce i dati specifici Paese per Paese sulle morti per le singole malattie e sulle rispettive cause. Per esempio in Italia il tasso di mortalità per cancro alla laringe associato all’esposizione all’amianto è tra i più alti nel mondo con 0,6 casi ogni 100mila abitanti. Segue la Francia con 0,4 casi ogni 100mila abitanti. La Cina è invece al primo posto per le morti per malattie respiratorie causate dalle polveri sottili: il numero di decessi dei lavoratori per colpa dell’aria che respirano è pari a 15 ogni 100mila abitanti (in Italia è pari a 4 ogni 100mila). 

Nello studio sono stati presi in considerazione 19 fattori di rischio sull’ambiente di lavoro, tra cui l’orario e la presenza di elementi nocivi nell’ambiente frequentato quotidianamente come sostanze che possono favorire l’asma, composti cancerogeni e polveri sottili. 

Le persone più a rischio, indipendentemente dal tipo di professione e dal luogo di lavoro, sono quelle che lavorano di più. Le giornate di lavoro interminabili sono associate a circa 750mila morti. Questo dato era già emerso in un precedente studio sempre firmato da Oms e Ilo pubblicato lo scorso maggio nel quale si dimostrava che chi lavora più di 55 ore a settimana aumenta notevolmente il rischio di malattia cardiaca ischemica e ictus. Nel nuovo rapporto viene confermato il danno alla salute degli orari di lavoro troppo lunghi (l’India è uno dei Paesi più toccati dal problema con 12 morti su 100mila persone) e si prosegue la lista delle altre condizioni pericolose. L’inquinamento dell’aria è al secondo posto tra i fattori di rischio: al particolato atmosferico, ai gas o ai fumi inalati possono essere attribuite 450mila morti all’anno nel mondo. 

Gli esperti fanno notare che tra il 2000 e il 2016 le condizioni di lavoro nel mondo sono migliorate e che grazie a questi progressi la mortalità associata alle occupazioni è calata del 14 per cento. Il dato però non è  così incoraggiante come potrebbe apparire. Perché è vero che si muore meno per la presenza di sostanze tossiche nell’ambiente di lavoro, ma si continua a morire come prima se non più di prima per le eccessive ore di lavoro.  

I casi di morte per malattie cardiache e ictus associati al prolungamento dell’orario di lavoro sono aumentati rispettivamente del 41 e del 19 per cento. Il rapporto, permettendo di individuare nazione per nazione i principali fattori di rischio, si propone come uno strumento utile ai governi per programmare interventi mirati. Per ogni fattore di rischio esistono specifiche azioni di prevenzione efficaci. Si va dall’areazione dei luoghi di lavoro, alla riduzione dell’orario, alla distribuzione agli impiegati di dispositivi di protezione contro agenti inquinanti. 

«Queste stime forniscono informazioni importanti sull’impatto delle malattie correlate al lavoro e queste informazioni possono aiutare a definire politiche e pratiche per creare luoghi di lavoro più sani e sicuri.  I governi, i datori di lavoro e i lavoratori possono tutti intraprendere azioni per ridurre l'esposizione ai fattori di rischio sul posto di lavoro. I fattori di rischio possono essere ridotti o eliminati anche attraverso cambiamenti nei modelli e nei sistemi di lavoro. Come ultima risorsa, i dispositivi di protezione individuale possono anche aiutare a proteggere i lavoratori che per il tipo di occupazione svolta non possono evitare l’esposizione», ha affermato Guy Ryder, direttore generale dell’ILO.