Troppo sole da bambini è il primo fattore di rischio per il melanoma

Medicina

Troppo sole da bambini è il primo fattore di rischio per il melanoma

di redazione

Le scottature nell’infanzia sono il principale fattore di rischio per sviluppare da adulti un melanoma.

In 45 anni, questo tumore della pelle ha fatto registrare nel nostro Paese un'impennata del numero dei casi: erano circa 1.000 nel 1970, nel 2015 ne sono stati stimati 11.300. La necessità di proteggere i piccoli è ancora più rilevante se si pensa che nei primi vent’anni di vita una persona può assumere fino all’80% del totale delle radiazioni solari della propria esistenza.

Il monito arriva dal Master Course Management del paziente con melanoma dalla ricerca alla terapia, organizzato dall’Intergruppo melanoma italiano (Imi) che si è svolto nei giorni scorsi all’Istituto dermopatico dell’immacolata (Idi) di Roma.

«I bambini – sottolinea Paola Queirolo, presidente Imi e responsabile del team Melanoma e tumori cutanei al San Martino di Genova - costituiscono l’anello debole della catena, perché la pelle è in grado di memorizzare il danno ricevuto dalle scottature solari accumulate durante l’infanzia e può innescare il processo patologico anche a diversi anni di distanza. I piccoli di età inferiore a 12 mesi – raccomanda - non vanno esposti al sole».

Tutti dovrebbero utilizzare le creme solari quando prendono il sole, evitando di esporsi nelle ore centrali. Senza dimenticare il controllo della pelle ogni anno dallo specialista. In particolare nelle persone che presentano più di cento nei il rischio di melanoma è sei volte superiore. «Va sempre seguita la regola del “brutto anatroccolo”: l’insorgenza di un neo diverso per forma e colore rispetto a quelli già presenti – spiega Queirolo - è un segnale da tenere in considerazione e da far controllare dal dermatologo». Avere la pelle chiara, i capelli biondi o rossi e gli occhi chiari (blu, grigi o verdi) è un altro fattore di rischio. Se scoperto precocemente ed eliminato con una corretta asportazione chirurgica durante la fase iniziale, il melanoma è del tutto guaribile perché la probabilità che abbia invaso altri organi è pressoché nulla.

Tuttavia, se la diagnosi avviene in fase avanzata, «oggi abbiamo a disposizione armi efficaci per tenere sotto controllo la malattia a lungo termine» assicura la specialista. La sopravvivenza di questi pazienti è cambiata grazie a due strategie: da un lato le terapie a bersaglio molecolare, utilizzate nei pazienti che presentano la mutazione del gene BRAF (50% dei casi), dall’altro l’immuno-oncologia. «Prima dell’arrivo di queste nuove armi – ricorda Queirolo - la sopravvivenza mediana in stadio metastatico era di appena sei mesi, con un tasso di mortalità a un anno del 75%».

L’Idi è al primo posto in Italia per numero di ricoveri per melanoma e altri tumori cutanei: 2.297 nel 2015. «E abbiamo iniziato percorsi meno convenzionali garantiti gratuitamente – dice Paolo Marchetti, consulente scientifico dell’Idi e direttore dell’Oncologia medica all’ospedale Sant’Andrea di Roma - come il linfodrenaggio o l’agopuntura che di solito sono a carico dei pazienti. La sfida è rappresentata dalla combinazione delle terapie, ad esempio dell’immuno-oncologia con la terapia bersaglio-specifica, per un ulteriore miglioramento dei risultati già ottenuti con ciascuna di queste modalità di trattamento nella malattia in fase avanzata».