I malati rari sono usciti dall’ombra

Giornata delle malattie rare

I malati rari sono usciti dall’ombra

di redazione
Solo pochi anni fa le malattie rare erano un oggetto sconosciuto per la gran parte della popolazione. Oggi i malati rari sono presenti sulla scena e non mancano di far sentire la loro voce

«Ho inviato circa 800 e-mail agli ospedali di tutto il mondo con la descrizione dei sintomi di mio figlio. Ma nessuno sembrava aver mai visto qualcosa di simile, così cominciai a pensare che la diagnosi fatta fosse sbagliata. Tra le tante risposte ci fu suggerito il nome di un medico in Argentina, che finalmente è stato in grado di porre la diagnosi corretta, a marzo 2001».

La diagnosi, racconta Moira - la mamma di un bambino argentino di nome Manuel -  è quella di fibrodisplasia ossificante progressiva, una condizione genetica che colpisce 1 persona ogni 2 milioni e che è caratterizzata dalla dalla formazione di osso a livello dei muscoli, dei tendini, dei legamenti e di altri tessuti connettivi.

Yuliya è invece una bambina ucraina che oggi ha tredici anni e che ha avuto un’infanzia normale fino al suo primo compleanno. «All'età di un anno, abbiamo notato che aveva difficoltà a stare in piedi e che camminava in maniera strana», ricorda il padre Vitaliy Matyushenko. «Visitammo ogni ospedale e centro medico che conoscevamo, ricevendo molte conclusioni sbagliate e ancora oggi mi sento male quando penso a tutto il dolore che Yuliya ha dovuto sopportare nei vari esami». Alla fine i medici convennero che si trattava di Atrofia Muscolare Spinale (SMA) di tipo 2, una malattia genetica che distrugge i nervi che controllano il movimento volontario dei muscoli e che colpisce il movimento, il controllo della testa e del collo e persino la deglutizione. 

Elisa ha invece 18 anni ed è nata a Treviso. Alla nascita il cardiologo si è accorto della presenza di problemi cardiaci. Aveva una stenosi aortica sopravalvolare e una stenosi dell’arteria polmonare: sono i segni tipici della sindrome di Williams, una malattia genetica che colpisce una persona su 20 mila. La tempestività della diagnosi ha consentito di correggere chirurgicamente i difetti vascolari e oggi Elisa sta per finire l’istituto alberghiero. 

Di storie come quelle di Manuel, Yulija, Elisa ce ne sono 60 milioni nel mondo e quasi 200 mila in Italia. Storie di malati rari, affetti cioè da malattie che colpiscono meno di 1 persona su 2.000. 

Malati accomunati il più delle volte dalla ricerca estenuante di una diagnosi e dall’assenza di terapie efficaci. 

Il 29 febbraio si celebra la Giornata delle Malattie Rare. Promossa per la prima volta nel 2008 da Eurordis, la Federazione europea delle associazioni delle malattie rare, è giunta alla nona edizione. E la Giornata, celebrata in 80 Paesi, è la cartina di tornasole di come in poco tempo sia cambiato lo scenario per le malattie rare. Non per la loro possibilità di cura, un campo in cui tanto è stato fatto ma in cui molto di più rimane da fare, ma per l’uscita delle malattie rare dal cono d’ombra in cui da sempre erano relegate. 

Non è un caso che il tema della giornata 2016 sia “La voce dei pazienti”: «Questa Giornata delle Malattie Rare celebra la voce del paziente. Ogni persona che vive con una malattia rara e le loro famiglie possono raccontare la storia del loro viaggio nel tentativo di uscire dal labirinto di diagnosi e di avere accesso alle cure», ha detto Yann Le Cam, Direttore Generale di EURORDIS. Ma è uno uno slogan che vuole anche sottolineare il ruolo fondamentale che i pazienti svolgono nel dar voce alle loro esigenze e nel promuovere le scelte per migliorare la loro vita e quella delle loro famiglie. In tutti gli ambiti: nella politica, nella società, nella ricerca scientifica con particolare attenzione a quella relativa allo sviluppo dei farmaci.

E in questo solco si inseriscono le parole del presidente dell’Agenzia del Farmaco Mario Melazzini pronunciate in occasione della celebrazione della Giornata delle Malattie Rare all’Istituto Superiore di Sanità. 

«Il malato è una risorsa per il sistema sanitario e non un costo. Mi riferisco a un malato “esperto”, che porta con sé un patrimonio di conoscenze e di esperienza della malattia e lo mette a disposizione delle Istituzioni, delle Autorità regolatorie, della ricerca clinica». 

E il ruolo dei pazienti comincia a essere riconosciuto anche dalle istituzioni. «Nei prossimi anni, infatti, con l’entrata in vigore del nuovo Regolamento Europeo, i trial clinici richiederanno una presenza sempre più qualificata e attiva da parte dei malati. Pazienti e associazioni saranno più coinvolti e protagonisti di un percorso di piena integrazione e non di mero assistenzialismo», ha ricordato Melazzini. 

Tutto sta cambiando, insomma. 

Ma ancora resta molto da fare, ribadisce Eurordis: dal riconoscimento delle malattie rare come priorità di sanità pubblica, all’incremento dei fondi per la ricerca, dalla diffusione di un equo diritto alla diagnosi e alla cura (laddove disponibile) indipendentemente dal luogo di residenza, fino alle politiche per ridurre l’isolamento dei malati rari e delle loro famiglie. Una strada lunga, ma è già un buon inizio.

 

*Le storie di questo articolo sono tratte da Eurordis, la Rete europea per le malattie rare (www.eurordis.org) e da Rare Disease Day (http://www.rarediseaseday.org