Cure degli occhi a rischio a causa dei tagli

l'allarme

Cure degli occhi a rischio a causa dei tagli

cataract - surgery.jpg

Immagine: Capt Holly Hess, Public domain, via Wikimedia Commons
di redazione
Rimborsi insufficienti per l’intervento di cataratta e pochi investimenti su iniezioni per la maculopatia. Ma non mancano le novità: progressi nella terapia del glaucoma, intanto avanza l’Intelligenza Artificiale

Le cure oculistiche rischiano di uscire, di fatto, dal servizio sanitario nazionale o non garantire a tutti i cittadini uguali opportunità di cura a causa delle risorse insufficienti. È l’allarme che arriva dal congresso della Società Italiana Scienze Oftalmologiche (Siso) tenutosi a Roma. 

La preoccupazione degli esperti è forte e sono numerosi i casi in cui i cittadini stanno sperimentando le conseguenze delle insufficienti risorse. La maculopatia, per esempio. È una malattia che colpisce un anziano su tre dopo i 75 anni, cioè il 2% della popolazione: se non trattata tempestivamente causa la perdita della visione centrale e impedisce le attività più semplici come leggere, guardare la Tv, guidare. Oggi si può controllare rallentandone la progressione (e recuperando parte del visus) grazie a iniezioni intravitreali che frenano la degenerazione della macula. L’Italia, però, è il Paese all’ultimo posto in Europa per somministrazione di questa terapia. 

«Ne pratichiamo circa 400 mila l’anno contro il milione della Gran Bretagna, Paese con una popolazione numericamente sovrapponibile a quella italiana”, osserva Scipione Rossi, segretario Siso e  direttore dell’Uoc di Oculistica all’Ospedale S.Carlo di Nancy di  Roma. «Il problema principale, anche se non l’unico, è l’erogazione delle prestazioni: i rimborsi, cioè i Drg, per questo tipo di malattie sono in diminuzione». 

Lampante anche il caso degli interventi di cataratta. 

«Oggi esistono cristallini artificiali ad elevata tecnologia che consentono di correggere  anche i difetti visivi presenti prima dell’intervento di cataratta e anche la presbiopia. Ma il loro costo è elevato e non viene rimborsato dal servizio sanitario nazionale. Le lenti monofocali  che oggi impiantiamo costano circa 50 euro ciascuna, quelle tecnologicamente avanzate, 500 euro. Non sono costi esorbitanti, ma in questa situazione non possiamo permetterci di utilizzare gli strumenti avanzati che oggi sono disponibili», aggiunge Rossi. 

Il problema in realtà è anche più grave: l’aggiornamento delle tariffe per le prestazioni sanitarie varato nei mesi scorsi dal Governo attribuisce all’intervento un rimborso giudicato insufficiente dagli esperti, che rende difficile anche l’esecuzione dell’intervento con un cristallino di vecchia generazione. 

 

«Stiamo assistendo a una graduale fuoriuscita dell’Oftalmologia  dal servizio sanitario nazionale», denuncia Francesco Bandello, direttore dell’Unità di Oculistica dell’Ospedale S. Raffaele di Milano. «Questo fenomeno sta avanzando  in modo subdolo, mai chiaramente dichiarato ma inequivocabile. I nuovi Lea infatti prevedono una riduzione sostanziale di rimborso di prestazioni importanti e tra questi l’intervento di cataratta che verrà rimborsato con 800 euro. È chiaramente una somma insufficiente per garantire un adeguato rimborso alle strutture che hanno erogato questa prestazione. Questo vuol dire che in alcune Regioni come la Lombardia - che si è già detta disponibile -  ci sarà un’integrazione della somma in modo da consentire di rendere adeguata la tariffa rispetto ai costi. Ma ci sono altre Regioni, come la Campania, che non prevedono integrazioni di questo genere e lì si vedranno inevitabilmente allungare le liste d’attesa», aggiunge Bandello. «Il paziente, che ora dovrebbe aspettare un anno e mezzo, due anni per fare una cataratta  dovrà aspettarne tre, quattro o anche cinque. Questo causerà una quantità di ipovedenti enorme che graverà sull’Inps e sul servizio sanitario nazionale, aumenteranno i disagi sociali, molte persone saranno isolate in una fascia d’età fragile, questa situazione produrrà molti handicap. Il decisore, avendo a disposizione budget ridotti, deve fare delle scelte, individuando priorità. E l’Oculistica non sarà tra queste priorità perché di malattie agli occhi non si muore. Ma queste scelte non possono essere fatte all’insaputa di tutti, vanno condivise e dichiarate apertamente, perché occorre trovare soluzioni», conclude. 

La situazione insomma, è difficile e non sembra migliorare.

«I rimborsi previsti dai i Livelli Essenziali di Assistenza (Lea) per le prestazioni oculistiche ormai sono già del tutto insufficienti», dice Romolo Appolloni, membro del Consiglio Direttivo SISO, Direttore Uoc di Oftalmologia all’Ospedale S. Eugenio - CTO di Roma.  «Abbiamo però avuto rassicurazioni sul fatto che ministro è disponibile a rivedere il tariffario». 

Segnali positivi

Se l’Oculistica sconta problemi nei suoi rapporti col servizio sanitario, la disciplina è al contempo attraversata da importanti novità. Per esempio in tema di glaucoma, malattia che Italia colpisce oltre 800 mila persone. Si tratta di una patologia grave, che provoca un abnorme aumento della pressione dei liquidi all’interno dell’occhio, danneggiando la retina e porta a una riduzione del campo visivo fino alla cecità. «È stato prodotto un cristallino artificiale speciale che libera, per uno-due anni o più,  una sostanza  efficace contro il glaucoma», spiega  Scipione Rossi: «In pratica, se un paziente che deve operarsi di cataratta soffre anche di un glaucoma controllato farmacologicamente si può impiantare questo tipo di cristallino che gli consentirà di fare a meno delle gocce quotidiane di collirio per un anno o due. Questa lente speciale è attualmente oggetto di una sperimentazione clinica negli Stati Uniti, autorizzata dalla FDA, la Food and Drugs Administration e i primi risultati sono estremamente incoraggianti, di grande rilievo scientifico. Nel primo paziente trattato, la pressione endooculare -  a nove mesi dall’impianto - è diminuita in media  del 45%».  

Un’altra importante novità tecnologica è la  sperimentazione in corso di un farmaco contro la maculopatia che non prevede iniezioni intravitreali, cioè effettuate nel bulbo oculare. «È ripresa, dopo uno stop temporaneo dovuto a una  modifica tecnologica,  la sperimentazione di una sostanza  contro la maculopatia rilasciata da uno speciale serbatoio montato, con un piccolo intervento chirurgico, sulla sclera. Il farmaco è efficace  per particolari forme della malattia e ha già ottenuto negli Usa l’approvazione della FDA», conclude  Rossi. 

Cresce la miopia tra i giovani

Intanto, dal congresso Siso, arriva però anche un allarme relativo ai giovani. «Oggi si stima che il 30 – 35% dei ragazzi di età inferiore ai 14 anni sia miope, in pratica uno su tre. Non è una proporzione che possiamo definire normale: è così perché negli ultimi dieci anni il numero dei bambini e degli adolescenti miopi è raddoppiato, con una accelerazione improvvisa negli ultimi due anni. Il che è in linea con la previsione fatta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, secondo cui nel 2050 la metà della popolazione mondiale sarà miope», afferma Paolo Nucci, professore Ordinario di Oculistica all’Università Statale di Milano.

«Le cause? È paradossale, ma la miopia sembra una sorta di effetto collaterale dell’istruzione: la cosa è evidente da studi effettuati in Asia. Per esempio a Singapore, dove prima della crescita, del benessere e quindi della scolarizzazione avvenuta negli anni 80 e 90, la miopia era molto minoritaria mentre oggi affligge l’80% dei giovani. Percentuali simili in altri Paesi asiatici, specie in Cina. Da noi, sia pure più lentamente, sta succedendo la stessa cosa. Non è che l’istruzione di per sé faccia male, è ovvio: però fa male passare troppo tempo concentrati su libri e video a stare pochissimo all’aperto. Stando all’aria aperta, gli occhi si sforzano meno perché devono guardare lontano; non sono costretti all’iperaccomodazione continua come accade davanti a un display», continua l’esperto. 

Stare all’aperto, inoltre avrebbe altri benefici: «sembra anche che i raggi del sole stimolino la produzione di dopamina, sostanza in grado di inibire le metalloproteasi, un enzima che rendendo la sclera più elastica favorisce l’allungamento del bulbo oculare e quindi la miopia. Noi oculisti, che siamo sul campo, sappiamo cosa sta succedendo; ma assurdamente non abbiamo dati precisi sull’impennata di miopia infantile, perché nel nostro Paese, e in tutta Europa, non esiste un sistema di sorveglianza epidemiologica della miopia».

Novità dall’Intelligenza artificiale

Non si ferma intanto il progresso della tecnologia. La star del momento è l’Intelligenza Artificiale che, anche nel campo oftalmologico, sta dando buoni risultati. 

Le applicazioni cliniche ancora sono poche, ma se i risultati sperimentali saranno confermati, potrebbe essere una rivoluzione: i sofisticati modelli di deep learning dell’AI, riescono a interpretare le immagini dell’occhio (già molto utilizzate in oculistica per altri scopi) per diagnosi, prognosi e screening con grande precisione. Una delle più promettenti applicazioni sperimentali della AI in oftalmologia, riguarda la Retinopatia del Prematuro, una grave malattia della retina dei neonati prematuri, tra le principali cause di cecità infantile nei Paesi a reddito medio.

Esistono programmi di screening per la diagnosi di ROP ma finora la diagnosi può essere fatta solo da oftalmologi pediatri con esperienza specifica, e sono pochi. Grazie a un recente studio condotto da un team di ricercatori internazionali pubblicato su The Lancet Digital Health, la malattia può essere rilevata dall’Intelligenza Artificiale analizzando una foto del fondo oculare con accuratezza pari a quella di oculisti pediatrici esperti. E solo successivamente va confermata dal medico, al quale così vengono sottoposte solo le situazioni “sospette”, fatto che consente di alleggerire il loro carico di lavoro. La diagnosi precoce può consentire ai  neonati con ROP a rischio di cecità il trattamento urgente, con il laser oppure con appositi farmaci. «Questi risultati giustificano la continua ricerca e sviluppo dell’Intelligenza Artificiale per l’automatizzazione dello screening della ROP in contesti clinici reali ,con l’obiettivo di migliorare l'accesso alle cure nei contesti sanitari con risorse limitate e prevenire la cecità in migliaia di neonati a rischio in tutto il mondo», spiega Celeste Limoli, ricercatrice esperta in Intelligenza Artificiale, dell’Università Statale di Milano.

Ma non è che un esempio. L’Intelligenza Artificiale sta aprendo nuovi campi di ricerca, come la cosiddetta ‘oculomica’, termine che descrive una nuova disciplina che, combinando le recenti tecniche di imaging con l’Intelligenza Artificiale, analizza la conformazione  dell’occhio come fosse una “finestra” sullo stato di salute dell’intero l’organismo. Esistono ricerche che mostrano, per esempio, come sia possibile individuare e quantificare fattori di rischio cardiovascolare analizzando esclusivamente le immagini del fondo dell’occhio. 

«L’ultima frontiera è il rilevamento di segni di malattia non più solo dalle immagini della retina, ma addirittura di quelle dell'occhio esterno: un modello di Intelligenza Artificiale che consente di rilevare parametri solitamente forniti da esami del sangue, come i livelli ematici di glucosio e lipidi, l’emocromo, funzionalità renale ed epatica, partendo da una semplice foto esterna dell’occhio. La precisione di queste stime è incredibilmente alta», conclude Limoli.