Antibiotico-resistenza: ecco perché i batteri quasi morti tornano in vita diventando imbattibili

Il meccanismo

Antibiotico-resistenza: ecco perché i batteri quasi morti tornano in vita diventando imbattibili

di redazione
Scoperto il ruolo chiave di una proteina nello sviluppo dell’antibiotico resistenza. Grazie al suo intervento i batteri praticamente uccisi dai farmaci “resuscitano” più forti di prima. Lo studio su Science

A volte tornano e sono più forti di prima. Muoiono e resuscitano con superpoteri. E ora sappiamo perché. C’è un’atmosfera da “Alba dei morti viventi” nell’ultimo studio su Science che descrive nel dettaglio il meccanismo con cui si sviluppa l’antibiotico-resistenza grazie al quale batteri praticamente “uccisi” da un trattamento antibiotico tornano in vita diventando imbattibili. Tutto accade grazie a una proteina chiamata pompa di efflusso multifarmaco AcrAB-TolC che intercetta l’antibiotico destinato al batterio di turno e lo respinge impedendogli di entrare nella membrana del microrganismo. Così le molecole del farmaco restano lontane permettendo ai batteri quasi morti di mantenersi in vita il tempo necessario per produrre le proteine resistenti agli antibiotici. 

I batteri spesso si scambiano tra loro il Dna, e nello scambio finiscono anche alcuni alcuni geni della resistenza agli antibiotici. Obbedendo alle leggi della selezione naturale, il farmaco riuscirà a uccidere tutti i batteri, tranne quelli con i geni della resistenza che, restando in vita, avranno modo di replicarsi e trasmettere la resistenza ai posteri.

Gli scienziati sanno da tempo che i geni della resistenza agli antibiotici sono spesso trasportati su piccoli filamenti circolari di Dna chiamati plasmidi che possono passare da una cellula resistente a una sensibile. Finora si credeva che questo passaggio avvenisse quando non c’erano antibiotici nelle vicinanze capaci di uccidere le cellule sensibili. Ma le cose non stanno così.

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Grazie a tecniche di ingegneria genetica, i ricercatori hanno modificato il batterio Escherichia coli rendendone fluorescenti le proteine per poter osservare in diretta sotto la lente del microscopio il passaggio dei plasmidi.  

Lo scambio avviene rapidamente: entro tre ore circa, il 70 per cento dei batteri di E.coli sensibili agli antibiotici diventa resistente alla tetraciclina. 

Aggiungendo altre dosi di antibiotico, circa un terzo dei microbi che erano rimasti sensibili sono diventati resistenti. Come mai?

I ricercatori conoscevano bene il processo che conduce alla resistenza, ma gli mancava un tassello per concludere il puzzle.

Una volta che i batteri ricevono i plasmidi, attivano i geni della resistenza inducendoli a produrre le proteine che combattono gli antibiotici. Nel caso specifico si tratta della proteina TetA che spinge la tetraciclina fuori dai batteri. Ma la tetraciclina blocca la produzione delle proteine. Quindi in presenza dell’antibiotico, i batteri che non hanno ancora messo in azione la TetA dovrebbero essere morti o quasi e non riuscire a sfruttare il loro nuovo bagaglio di geni della resistenza. 

Questo accadrebbe se non intervenisse la pompa di efflusso multifarmaco che respingendo gli antibiotici fuori dalla membrana dei batteri mantiene in vita i batteri til tempo necessario per produrre la proteina TetA, respingere l’attacco degli antibiotici e recuperare la piena attività. 

Lo studio suggerisce che i farmaci in grado di disattivare la pompa mutlifarmaco sarebbero capaci di eliminare la resistenza. Purtroppo però non esistono ancora molecole sicure che agiscono in questo modo. 

«Non ci sono buone notizie in questo studio ma è meglio conoscere il nemico e il tipo di armi che usa», scrivono i ricercatori nelle conclusioni.