A temerlo sono soprattutto le donne in gravidanza. Perché il parassita Toxoplasma gondii può provocare malformazioni del feto, danni cerebrali o aborto. Il resto della popolazione, nel caso di infezione, ha per lo più reazioni lievi e senza conseguenze. C’è però un’altra categoria di persone a rischio, quelle immunodepresse, pazienti affetti da malattie croniche o in chemioterapia, per esempio. Quando le difese immunitarie sono deboli il Toxoplasma gondii può provocare infezioni croniche a danno del sistema nervoso centrale. Ora, uno studio su Cell ha ricostruito il processo attraverso il quale la forma attiva del parassita si trasforma in quella cronica capace di provocare lesioni gravi nel cervello e nel cervelletto scatenando encefaliti potenzialmente letali nelle persone più fragili. Tutto dipende da un unico gene che controlla i passaggi chiave dell’infezione, da acuta a cronica. La scoperta potrebbe portare allo sviluppo di terapie contro la forma cronica dell’infezione che è attualmente incurabile.
Il Toxoplasma gondii è difficile da evitare. Si stima che circa un terzo della popolazione mondiale abbia contratto l’infezione. Il contagio avviene prevalentemente dal contatto con carne cruda, feci del gatto e terra. Il parassita impiega un paio di settimane per passare dalla sua versione “attiva” chiamata tachizoite, facilmente riconoscibile e attaccabile dal sistema immunitario, in una forma cronica chiamata bradizoite. Il bradizoite forma una cisti nelle cellule in cui è ospitato circondata da una parete di proteine e zuccheri che la protegge dagli attacchi dei farmaci o del sistema immunitario. Nella maggior parte dei casi l’organismo convive pacificamente con questo parassita che rimane a uno stato di quiescenza. I problemi insorgono quando i bradizoiti si riconvertono nella forma attiva dei trachizoiti scatenando un’infezione pericolosa se le difese immunitarie scarseggiano.
Bloccare a monte la cronicizzazione dell’infezione, potrebbe impedire una sua riacutizzazione nei pazienti con difese immunitarie deboli.
Si tratta di capire quindi a cosa sia dovuta la cronicizzazione dell’infezione, ovvero risalire all’origine della formazione dei bradizoiti.
Per monitorare l’attività del parassita, i ricercatori hanno realizzato in laboratorio una particolare forma di T. gondii in grado di rilasciare una proteina fluorescente nel caso in cui si formassero le cisti all’interno delle cellule.
Gli scienziati hanno osservato che il parassita esposto in laboratorio a trattamenti aggressivi, come sostanze alcaline, si differenzia nei bradizoiti. Utilizzando la tecnica Crispr per disattivare uno dopo l’altro i geni sospetti di avere un ruolo nel processo, i ricercatori sono riusciti a individuare un unico gene responsabile della formazione dei bradizoiti, chiamato bradyzoite-formation deficient 1 (BFD1).
Il gene BFD1 potrebbe quindi diventare un target terapeutico per lo sviluppo di farmaci o vaccini contro l’infezione cronica.