Tumori: nel melanoma, l’immunoterapia pre-intervento può evitare ulteriori cure
Per i pazienti con melanoma, il trattamento neoadiuvante con inibitori dei checkpoint immunitari riduce il tumore e ne può determinare la “scomparsa” al punto che fino a 1 paziente su 2 potrebbe non aver bisogno del trattamento adiuvante, cioè post-intervento.
È uno dei temi emersi nel corso della nona edizione dell’evento internazionale Immunotherapy e Melanoma Bridge tenutosi a Napoli.
«I tempi sono ormai maturi. L'immunoterapia neoadiuvante ha tutte le carte in regola per diventare lo standard di trattamento per molti tipi di tumori», dice Paolo Ascierto, presidente del convegno e direttore del dipartimento di oncologia melanoma, immunoterapia oncologica e terapie innovative dell’Istituto Nazionale dei Tumori IRCCS Fondazione Pascale di Napoli. «Per questo, insieme alla principali società scientifiche, chiediamo all’Aifa di procedere con l’estensione dell’indicazione del farmaco immunoterapico pembrolizumab, attraverso la Legge 648, anche in fase neoadiuvante. Tale cambiamento non avrebbe neanche un costo aggiuntivo: i cicli di terapia che vengono somministrati prima dell’intervento chirurgico, infatti, andrebbero a sostituire quelli che attualmente si fanno dopo».
Il melanoma sta facendo da apripista in questo nuovo utilizzo.
«Oggi il melanoma è una delle aree di ricerca più attive nell'immunoterapia neoadiuvante», spiega Ascierto. «Attualmente le linee guida nazionali indicano come standard terapeutico la somministrazione di terapia adiuvante post-chirurgia a partire dallo stadio II della malattia. La terapia neoadiuvante, cioè quella che viene somministrata prima della chirurgia nella malattia clinicamente o radiologicamente evidente può essere somministrata solo all’interno degli studi clinici. All’istituto Pascale abbiamo da poco concluso lo studio NEO-TIM sulla terapia neoadiuvante nel melanoma, i cui risultati preliminari sono molto promettenti: nei casi di melanoma metastatico l’immunoterapia pre-intervento presenta un vantaggio significativo per i pazienti in termini di riduzione delle cellule tumorali nel tessuto coinvolto e, nel 50% dei casi può rendere addirittura superflua il ricorso al trattamento adiuvante, quello che viene somministrato dopo l’intervento. Sulla base delle sempre più numerose evidenze sull’efficacia dell’immunoterapia neoadiuvante, auspichiamo un rapido aggiornamento degli standard di trattamento», aggiunge Ascierto.
I benefici dell'immunoterapia neoadiuvante si estenderebbero anche alla prevenzione delle recidive, eventualità ques’ultima purtroppo molto frequente nei pazienti con melanoma ad alto rischio in stadio III e IV operati. In questi pazienti, il tasso di recidiva a 5 anni è superiore al 70-80%, un rischio che si dimezza con l’immunoterapia adiuvante, cioè post-intervento, ma che potrebbe diminuire ancora con l’aggiunta dell’immunoterapia pre-intervento. «Un recente studio pubblicato sul New England Journal of Medicine, condotto su oltre 300 pazienti, ha dimostrato che con l’aggiunta dell'immunoterapia neoadiuvante è possibile ridurre del 20% il rischio di recidiva: la sopravvivenza libera da eventi si è infatti verificata nel 72% dei pazienti trattati con l’aggiunta dell’immunoterapia pre-operatoria contro il 42% dei pazienti trattati con la sola strategia adiuvante», sottolinea Ascierto.
Secondo l’esperto potremmo trovarci di fronte a un cambio di paradigma: «A oggi sono in corso circa 50 studi clinici di fase III sull’immunoterapia neoadiuvante per vari tipi di cancro: dal carcinoma alla vescica muscolo invasivo a diverse neoplasie della mammella fino ai tumori gastrointestinali, ovarici, del rene, della testa e del collo e del polmone. L’efficacia della somministrazione dell’immunoterapia prima dell’intervento – conclude Ascierto – non è più solo un’ipotesi, ma una realtà clinica che ha degli importanti benefici sui pazienti e che, per questo, non possiamo più ignorare».