I cardiologi interventisti: Servono misure urgenti per migliorare le condizioni di lavoro

Lo studio

I cardiologi interventisti: Servono misure urgenti per migliorare le condizioni di lavoro

di redazione

Sembra quasi una citazione da monsieur de La Palice, ma non è solo una battuta: lavorare tanto e malpagati fa male. Fa male quanto essere obesi.

A provarlo è uno studio pubblicato di recente sulla rivista Circulation: Cardiovascular Quality and Outcomes, che ha dimostrato come la combinazione di un lavoro molto stressante con scarsi compensi aumenti del 49% il rischio di sviluppare malattie cardiache.

A puntare i riflettori su un fattore di rischio spesso trascurato per il cuore è la Società italiana di cardiologia interventistica (Gise), in occasione del proprio Congresso nazionale (dal 3 al 6 ottobre a Milano). La Società scientifica rilancia uno studio condotto dall’Università Laval in Quebec (Canada) aggiungendo che in Italia il problema riguarda anche i medici, soprattutto quelli che devono prestare servizi di reperibilità e urgenza, proprio come i cardiologi interventisti. Nello studio i ricercatori hanno coinvolto quasi 6.500 colletti bianchi (3.118 uomini e 3.347 donne) con un’età media di 45 anni, che non avevano una storia pregressa di malattie cardiache. I soggetti sono stati seguiti per quasi venti anni (dal 2000 al 2018) e nello stesso periodo sono stati sottoposti a una serie di domande sul loro lavoro e sulla loro salute. In questo modo gli studiosi sono riusciti a misurare la tensione lavorativa e lo squilibrio tra fatica e ricompensa. Dai risultati è emerso che gli uomini che riferivano di aver sperimentato stress lavorativo o squilibrio tra sforzo e ricompensa avevano un rischio maggiore del 49% di malattie cardiache rispetto a coloro che non avevano segnalato le stesse condizioni lavorative.

«Sapevano da tempo che un lavoro stressante e una scarsa gratificazione possono avere un impatto negativo sulla salute del cuore – commenta Giovanni Esposito, presidente Gise - ma solo come fattori di rischio singoli. Il nuovo studio, invece, ha sottolineato per la prima volta l'enorme impatto della combinazione di questi due fattori, cioè lavoro duro e ricompensa bassa. I risultati evidenziano quindi l’urgente necessità di affrontare in modo proattivo le condizioni di lavoro stressanti, per creare ambienti più sani a vantaggio dei dipendenti e dei datori di lavoro».

Lo squilibrio tra impegno e ricompensa si verifica quando i lavoratori investono molto nella loro attività, ma ottengono in cambio ricompense (stipendi, riconoscimenti o sicurezza del lavoro) insufficienti o non eque rispetto allo sforzo. «Considerando la notevole quantità di tempo che le persone trascorrono al lavoro – osserva il presidente Gise - comprendere la relazione tra fattori di stress lavorativo e salute cardiovascolare è fondamentale per la salute pubblica e il benessere della forza lavoro». E questo vale anche per i medici, cardiologi interventisti compresi: «Turni infiniti e corse in ospedale per interventi d'urgenza sono all’ordine del giorno. Tutto questo a fronte di una scarsa remunerazione, insufficiente persino a coprire le spese vive per recarsi all’ospedale. Ed è paradossale – conclude Esposito - che siano proprio i “medici del cuore” a mettere a rischio il proprio, lavorando con abnegazione nonostante i pochi riconoscimenti».