Malattie rare, approccio di genere e supporto psicologico integrato nei percorsi di cura
Oltre il 95% delle malattie rare non ha una cura disponibile e il 60% dei pazienti riceve inizialmente una diagnosi errata. L’incertezza e l’imprevedibilità di queste malattie costringono spesso i pazienti a rivolgersi ai servizi sanitari di emergenza, con un tasso di accesso al Pronto soccorso significativamente più alto rispetto alla popolazione generale (24,1% rispetto al 4,3%).
Le conseguenze delle malattie rare e infrequenti non si limitano al piano fisico, ma interessano anche la sfera psicologica, con una probabilità di sviluppare disturbi mentali 1,5 volte superiore rispetto alla popolazione generale (30-50% rispetto al 20%). Fino al 50% dei pazienti con malattia rara può sviluppare disturbi d'ansia o depressione, conseguenze dirette delle difficoltà nel gestire la malattia, dell'isolamento sociale e dell'incertezza sul futuro; anche il 75% dei caregiver riporta sintomi di affaticamento mentale e stress emotivo.
A pochi giorni dalla Giornata mondiale della salute mentale, che cade ogni anno il 10 ottobre, il convegno “Le sfide invisibili delle malattie rare e infrequenti: conoscere, comprendere e gestire gli impatti sulla salute mentale”, promosso e organizzato a Roma il 2 ottobre da The European House–Ambrosetti (TEHA) con il contributo non condizionato di Amgen, ha acceso i riflettori sulle sfide, di salute e non solo, affrontate ogni giorno dagli oltre 2 milioni di pazienti rari e dai loro familiari e caregiver, a partire dall’impatto psicologico di queste malattie.
«L'informazione e la corretta comunicazione – sottolinea Marta De Santis, coordinatrice del National Helpline for Rare Diseases, Centro nazionale malattie rare, dell'Istituto superiore di sanità - giocano un ruolo fondamentale nell'ambito del benessere e della salute mentale delle persone e delle famiglie che convivono con le malattie rare. Tuttavia, per perseguire concretamente tale obiettivo, non è possibile prescindere da una attenta analisi e raccolta dei bisogni, ma anche dei desideri di questa parte della cittadinanza, attraverso uno spazio di ascolto attivo».
Nel corso dell’evento si è parlato anche di due specifiche malattie rare e infrequenti: lo spettro dei disordini della neuromielite ottica (Nmo) e la malattia oculare tiroidea (Ted) che colpiscono prevalentemente le donne e sono caratterizzate da un significativo fardello psichico e psicologico. Le Nmo, di cui soffrono circa 1.500-2.000 persone in Italia, sono patologie che insorgono in piena età lavorativa e colpiscono in prevalenza le donne in un rapporto di dieci a uno.
«Vivere con la neuromielite ottica – spiega Elisabetta Lilli, paziente e presidente dell’Associazione italiana neuromielite ottica - significa confrontarsi con attacchi che lasciano il segno, a volte in modo irreversibile. Ogni ricaduta può compromettere in maniera permanente la vista, la mobilità, la capacità di svolgere le proprie attività quotidiane, anche le più semplici. La complessità della malattia richiede un approccio integrato e multidisciplinare che integri i trattamenti con il supporto psicologico e la riabilitazione fisica».
Anche la Ted, patologia autoimmune che colpisce gli occhi e i tessuti circostanti e comporta cambiamenti nell’aspetto degli occhi e un loro rimodellamento, rientra tra le malattie infrequenti di genere, con l’82% dei pazienti di sesso femminile. I ritardi della diagnosi accurata, insieme alla mancanza di protocolli di trattamento standardizzati, continuano a ostacolare l’erogazione ottimale delle cure.
«L’alterazione dell'aspetto fisico e della funzionalità visiva dovuta alla Ted può causare un significativo disagio emotivo legato all’immagine di sé – sottolinea Emma Balducci, paziente e presidente dell’Associazione italiana basedowiani tiroidei - con effetti importanti sulla vita sociale e lavorativa, un aumento del rischio di depressione e ansia, e un senso di alienazione spesso devastante. È importante che chi segue questi pazienti integri la salute mentale nel trattamento di cura. Anche la conoscenza e la comprensione della malattia diventano armi contro l’ansia».
«I numeri ci dicono che circa il 50-60% delle persone affette da malattie rare sono donne, spesso in età lavorativa e fertile, con impatti significativi su qualità della vita e benessere mentale» ricorda infine Irene Gianotto, Consultant Practice Healthcare di TEHA. «Per una donna su quattro la situazione economica è cambiata dopo la diagnosi di malattia rara, con un peggioramento in otto casi su dieci e oltre tre giorni di lavoro persi al mese. Questo impone l’utilizzo di un approccio di genere per garantire diagnosi tempestive e trattamenti più mirati: l’età e il sesso – puntualizza Gianotto - sono infatti i principali determinanti della durata del percorso diagnostico, con donne e bambini che devono affrontare attese più lunghe rispetto a uomini e adulti».