Cosa c’entra il cambiamento climatico con l’antibiotico-resistenza?

Il legame

Cosa c’entra il cambiamento climatico con l’antibiotico-resistenza?

Climate_Change_2-412-DSP-2-ClimateChange_020.jpg_-_DPLA_-_9ba47c1b8957f49b26d0ed3e7d462d30.jpg

Immagine: National Archives at College Park - Still Pictures, Public domain, via Wikimedia Commons
di redazione
Le ipotesi sono varie. Il caldo, le piogge, l’umidità favoriscono la proliferazione di batteri. Così aumentano le infezioni e di conseguenza aumenta l’uso di antibiotici che alimenta la resistenza. Può darsi anche che i picchi di calore favoriscano lo scambio di geni resistenti

Cresce la minaccia dell’antibiotico-resistenza, il cambiamento climatico sta peggiorando la situazione?  La risposta breve alla domanda che fa da titolo a un lungo articolo su Nature online è “sì”. E dare una spiegazione di massima è facile, basta descrivere in estrema sintesi una catena di eventi facilmente intuibile:  le nuove condizioni meteorologiche dovute al riscaldamento globale favoriscono la crescita e la diffusione dei batteri, l’aumento dei batteri provoca un aumento delle infezioni, l’aumento delle infezioni comporta un maggior uso di antibiotici che inevitabilmente scatena la resistenza.

Ci si potrebbe fermare qui, citando un esempio emblematico di quanto detto. Nel 2021, racconta Nature, la microbiologa Adwoa Padiki Nartey aveva rischiato di morire per una banale tonsillite contratta in Ghana durante la stagione delle piogge quando l’umidità elevata stimola la crescita dei microbi. L’antibiotico tradizionalmente usato contro il batterio annidato nella gola non funzionava più, il microrganismo era diventato resistente, un fenomeno inevitabile quando il farmaco vine usato più del dovuto. E in Ghana negli ultimi tempi l’uso degli antibiotici si è effettivamente intensificato per far fronte all’aumento di infezioni dovuto proprio a condizioni climatiche sempre più favorevoli alla proliferazione dei batteri. Tutto torna, la storia di Padiki Nartey, che fortunatamente si è salvata ricorrendo alla combinazione di due antibiotici, è perfettamente in linea con l’ipotesi generale sul legame tra clima e resistenza agli antibiotici. Ma non racconta per intero tutte le responsabilità del clima. L’impatto del cambiamento climatico sulla resistenza microbica è più articolato. 

C’è una parte della ricerca che si sta dedicando proprio a questo, ossia a individuare quei fenomeni specifici che possono essere considerati la causa della comparsa o della maggiore diffusione dei super-batteri. Nature fornisce una sintesi di quanto scoperto finora. 

Più infezioni, più antibiotici, più resistenza

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 2020 il numero di infezioni del sangue causate dai batteri Neisseria gonorrea, Escherichia coli e Salmonella resistenti agli antibiotici è aumentato di almeno il 15 per cento rispetto al 2017. Va ricordato che la resistenza compare quando gli antibiotici vengono usati male o vengono usati troppo. Perché tanto l’utilizzo scorretto quanto l’abuso dei farmaci consentono ai batteri di fare quello che l’evoluzione li obbliga a fare, ossia mutare modificando il Dna. Le mutazioni sono casuali, alcune di queste possono rendere i batteri impenetrabili alterando la parete cellulare e impedendo così l’ingresso dei farmaci, altre possono annientare l’efficacia dell’antibiotico scomponendolo in più parti, altre ancora consentono ai batteri di “sputare” il farmaco fuori dalle cellule. 

I batteri che possiedono queste mutazioni sopravvivono all’antibiotico e riproducendosi danno origine a ceppi resistenti e, inoltre, possono trasmettere i geni della resistenza ad altri batteri. 

Qual è il ruolo del cambiamento climatico in tutto questo? Come già detto il riscaldamento globale incide sull’uso di antibiotici, alimentando le infezioni. Quando le infezioni iniziano ad aumentare, aumenta l’uso di antibiotici, e aumenta così la probabilità che si sviluppi la resistenza.

I disastri dovuti a eventi meteorologici estremi come inondazioni, siccità, uragani e incendi possono, per esempio, ridurre l’accesso all’acqua pulita e aumentare così il rischio di infezioni, oppure  possono favorire la proliferazione di batteri resistenti, come  accaduto in Florida in seguito all’uragano Ian del settembre 2022. Secondo uno studio dell’Università del Maryland il violento ciclone aveva causato una concentrazione anomala di specie nocive di batteri Vibrio resistenti agli antibiotici nelle acque al largo della costa. I forti venti avevano infatti sollevato dai sedimenti marini sostanze di cui si nutrono i batteri.  

L’impatto del caldo

A novembre del 2022 viene pubblicato su Lancet uno studio che dimostra l’associazione tra l’antibiotico resistenza e l’aumento della temperatura in Cina.  I ricercatori hanno dapprima monitorato la prevalenza di tre batteri responsabili di gravi infezioni ospedaliere resistenti agli antibiotici, Acinetobacter baumannii, Klebsiella pneumoniae e Pseudomonas aeruginosa. I dati  raccolti negli ospedali sono stati poi messi a confronto con le informazioni sulla temperatura media dell’aria dell’ambiente circostante. È emerso che ad ogni aumento di 1 °C della temperatura media dell’aria, corrispondeva a un aumento del 14 per cento nella percentuale di campioni contenenti K. pneumoniae resistenti ai carbapenemi,  farmaci solitamente riservati al trattamento dei batteri resistenti a tutti gli altri antibiotici. Un aumento di 1 °C della temperatura media dell’aria era associato a un aumento del 6 per cento nella proporzione di campioni contenenti P. aeruginosa resistente ai carbapenemi. L’aumento della temperatura, invece, non aveva ripercussioni sulla prevalenza di A. baumannii resistente ai farmaci.

Questi risultati sono in linea con quelli di due studi dell’Università di Ottawa secondo i quali l’aumento delle temperature minime medie era collegato a tassi più elevati di resistenza agli antibiotici in 41 Stati degli Stati Uniti e in 28 Paesi in Europa.

Si pensa che l’innalzamento graduale della temperatura media dell’aria possa favorire la resistenza agli antibiotici aumentando il tasso di crescita dei batteri e accelerandone l’evoluzione. C’è inoltre il sospetto che il passaggio dei geni della resistenza tra batteri sia facilitato dal caldo. 

Le condizioni estreme che piacciono ai batteri

I picchi di calore, diventati più frequenti con il cambiamento climatico, potrebbero indurre quei cambiamenti genetici che aiutano i batteri a resistere agli antibiotici. È quanto suggerisce un esperimento descritto all’interno di uno studio del 2018. I ricercatori hanno esposto Escherichia coli, la cui temperatura ideale per la crescita è 41 °C, a una temperatura di 44 °C oppure a una serie di 12 antibiotici (deliberatamente somministrati a basse dosi per inibire ma non uccidere tutti i batteri) per scoprire quale fattore di stress favorisse maggiormente lo sviluppo della resistenza. 

In entrambi i casi i batteri hanno reagito producendo specifiche proteine da “shock termico”, che aiutano i batteri a sopravvivere  all'attacco degli antibiotici. Le stesse proteine sono state prodotte anche quando l’E. coli è stato esposto a temperature fino a 22 °C. I risultati suggeriscono che i batteri che si sono evoluti in condizioni estremamente calde o fredde potrebbero essere più resistenti a determinati antibiotici e che gli antibiotici che simulano le condizioni di caldo o di freddo potrebbero essere meno efficaci. 

Ma le temperature estreme potrebbero contribuire alla resistenza agli antibiotici anche in modo indiretto. Quando l’aria è rovente, le persone tendono a restare in casa e i batteri si diffondono più facilmente tra individui a stretto contatto. Più i batteri si moltiplicano, più aumenta la probabilità che si formino mutazioni che danno resistenza. 

Il rischio di epidemia si calcola con le previsioni del meteo 

Temperatura, precipitazioni, tasso di umidità. Sono i dati utili per prevedere un’epidemia. Lo ha dimostrato uno gruppo di ricercatori che basandosi sui dati meteorologici ha calcolato con quattro settimane di anticipo la probabilità di un’epidemia di colera in varie regioni dello Yemen con una precisione media del 72 per cento. Gli scienziati suggeriscono che la combinazione dei dati meteorologici con la sorveglianza dei geni della resistenza agli antibiotici attraverso il monitoraggio delle acque reflue potrebbe migliorare le previsioni per le aree ad alto rischio di diffusione dei super batteri. 

Non solo clima: un trattato globale anche per l’antibiotico resistenza 

 Dato che le due minacce, cambiamento climatico e antibiotico resistenza, sono interconnesse avrebbe senso affrontarle a livello globale con gli stessi strumenti politici. Così c’è chi propone di redigere un trattato internazionale per contrastare gli agenti patogeni resistenti ai farmaci equivalente all’accordo sul clima di Parigi del 2015. Anche in questo caso, come per il clima, si potrebbe puntare a obiettivi globali come per esempio la riduzione del 35 per cento delle infezioni da batteri resistenti ai farmaci entro il 2035.