Epatiti acute, casi calati di quasi 50 volte in 40 anni
I casi di epatiti acute in Italia sono in caduta libera. Nonostante nell’ultimo anno si sia registrato un aumento rispetto all’anno precedente, nell’ultimo quarantennio i contagi sono crollati di quasi 50 volte. Nel 1985 si registravano 10 casi di epatite A acuta ogni 100 mila abitanti; nel 2023 la cifra è scesa a 0,51 per 100 mila con un calo di 20 volte. Per l’epatite B si è passati da 12 casi per 100 mila a 0,29 con una riduzione di 40 volte; per l’epatite C da 5 casi per 100 mila a 0,1 con un calo di 50 volte. Sono alcuni dei dati che arrivano dal Sistema di Sorveglianza sulle epatiti Seieva dell’Istituto Superiore di Sanità.
Secondo il sistema di sorveglianza, nel corso del 2023 in Italia sono stati registrati 523 nuovi casi di epatite A, B, C ed E. A questi si sommano circa 60 casi per cui non è stato determinato la famiglia del virus.
Nell’ultimo anno si è registrata una crescita delle forme A, B ed E rispetto all’anno precedente e un calo dell’epatite C.
In particolare, nel 2023 sono stati notificati al Seieva 267 casi di epatite A rispetto ai 140. La maggioranza dei casi è risultata legata al consumo di molluschi crudi o poco cotti a viaggi in zone endemiche, rapporti sessuali fra uomini e consumo di frutti di bosco. 45 infezioni sono state registrate in bambini e ragazzi con meno di 14 anni.
Sono stati 153 i casi di epatite B rispetto ai 109 del 2022; in tal caso, le probabili fonti di infezione più frequenti sono stati l’esposizione a trattamenti di bellezza quali manicure, piercing e tatuaggi, le cure odontoiatriche, i comportamenti sessuali a rischio. Solo più indietro gli interventi sanitari.
Continua, invece, la discesa dei casi di epatite C: sono stati 51 rispetto ai 55 dell’anno precedente. In tal caso il fattore di rischio più frequente è stato il ricorso a trattamenti estetici (40,4% dei casi), che ha superato per la prima volta negli ultimi anni l’esposizione nosocomiale (29,4%); l’uso di droghe è stato registrato nel 27,1% del campione.
58, invece, i casi di epatite E. Quattro si sono verificati in persone di ritorno da Paesi in cui l’infezione è endemica. La gran parte dei casi autoctoni risultano legati al consumo di carne di maiale o cinghiale cruda o poco cotta.
Nel 2023, inoltre, si sono verificati anche 3 decessi per epatite A e altrettanti per epatite B. Uno di questi ha riguardato una ragazza di 18 anni deceduta per insufficienza epatica acuta da virus B mentre era in attesa di trapianto di fegato. Un ulteriore giovane paziente di 31 anni, andato incontro a un’epatite fulminante da virus B, è stato salvato grazia al trapianto.
Il rapporto sottolinea inoltre l’insufficiente quota di test eseguiti per rilevare l’epatite Delta. Il virus responsabile dell’infezione può infatti infettare le persone colpite da epatite B, aggravandone i danni al fegato.