Tumori: dalle tasche di ogni malato 1.841 euro all’anno per esami, visite e terapie

Indagine Favo

Tumori: dalle tasche di ogni malato 1.841 euro all’anno per esami, visite e terapie

di redazione

Per effettuare esami diagnostici e visite specialistiche, sottoporsi a terapie salvavita e avere trattamenti come per esempio la psicoterapia e il supporto nutrizionale, ciascun malato di cancro spende in media quasi 2 mila euro l'anno. In molti casi a centinaia di chilometri da casa, con relativo aggravio economico.

Dai risultati della seconda edizione dell’indagine I costi sociali del cancro: valutazione di impatto sociale ed economico sui malati e sui caregiver, promossa dalla Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia (Favo), emergono criticità rilevanti e diffuse, seppur in maniera disomogenea, in tutto il Paese. I risultati della survey, realizzata da Datamining in collaborazione con l’Associazione italiana malati di cancro, parenti e amici (Aimac), l’Istituto nazionale dei tumori di Milano e quello di Napoli (Fondazione Pascale), sono stati pubblicati sull'European Journal of Health Economics e presentati a Roma venerdì 14 aprile.

Come spiega Alessandro Sproviero, Ceo di Datamining, l’indagine ha coinvolto quasi 1.300 pazienti che avevano ricevuto una diagnosi tra il 2011 e il 2018, «con l’obiettivo di indagare la misura in cui i malati avessero attinto ai propri risparmi per portare avanti il percorso terapeutico più indicato per la propria malattia».

I malati «sono consapevoli che le lunghe attese incidono pesantemente sui ritardi diagnostici – dice Francesco De Lorenzo, presidente di Favo e Aimac – e si ritrovano obbligati a ricorrere al privato per superarle. L’auspicio è che questi dati convincano i decisori politici a intervenire con immediatezza, per evitare che a fare le spese di queste disfunzioni siano le fasce più deboli della popolazione».

La voce che più incide sulle spese sostenute direttamente dai pazienti è quella relativa agli esami diagnostici (riportata dal 51,4 per cento). A seguire, il costo dei mezzi di trasporto (45,1 per cento), le visite specialistiche successive alla diagnosi (45,1 per cento), l’acquisto di farmaci non oncologici (28,5 per cento) e le spese per l’alloggio lontano dalla propria residenza (26,7 per cento).

L’indagine ha evidenziato inoltre che a incidere sulla spesa per la diagnostica (in media 259 euro all’anno) potrebbero essere anche esami prescritti in maniera inappropriata. E che, non essendo ritenuti necessari in una valutazione che incrocia i costi e i benefici, vengono lasciati a carico dei pazienti. Tra le altre voci di spesa più spesso rilevate, infine, ci sono i trattamenti di supporto psicologico, i consulti con il nutrizionista, l’acquisto di protesi, parrucche e sedie a rotelle e le visite a domicilio effettuate da medici e infermieri.

Il Servizio sanitario nazionale è «un grande patrimonio – sostiene Francesco Perrone, direttore dell’Unità sperimentazioni cliniche e studi di Fase 1 al Pascale di Napoli e presidente eletto dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) – che consente ai cittadini di continuare ad avere accesso alle cure più e meglio che in molti altri Paesi. Si tratta di un patrimonio che ha bisogno di essere difeso, ma anche potenziato laddove se ne identifichino inefficienze e carenze».

Stando alle conclusioni dello studio, la spesa privata tra i malati di cancro è diffusa soprattutto tra i pazienti che vivono nelle Regioni del Centro e del Nord del Paese.

In particolare, come osserva Roberto Lillini, ricercatore del Servizio di Epidemiologia analitica e impatto sanitario dell’Istituto dei tumori di Milano, tra gli autori dello studio, i costi sostenuti per diagnosi in strutture private «sono risultati particolarmente onerosi, ma non differibili, quando l’alternativa nelle strutture pubbliche implicava attese troppo lunghe a fronte della malattia da diagnosticare o investigare. Questa scelta ha però portato spesso a dover rinunciare ad altri servizi non sufficientemente forniti dal Servizio sanitario nazionale, ma comunque importanti per un buon esito della cura e della qualità di vita del paziente».

«I pazienti più vulnerabili sono anche coloro che più spesso mettono mano al proprio portafoglio per curarsi» osserva De Lorenzo «È necessario rafforzare la medicina territoriale – aggiunge - anche in ambito oncologico. Le cure più avanzate è giusto che vengano svolte nei centri di riferimento. Ma una volta superata la fase acuta della malattia, il resto va fatto principalmente sul territorio. I pazienti con una malattia avanzata, anche quando non guariscono, hanno diritto a una vita dignitosa in linea con le opportunità terapeutiche attuali e alla migliore qualità della vita possibile».

«I risultati della nostra rilevazione – sostiene infine Francesca Traclò, referente dello studio e membro del Consiglio direttivo dell’Aimac - confermano che alcune esigenze dei pazienti oncologici rimangono insoddisfatte. Questa situazione accresce le disuguaglianze tra pazienti caratterizzati da status socioeconomici differenti. Una disparità inaccettabile, in presenza di un sistema sanitario pubblico che per sua natura dovrebbe garantire a tutti i cittadini un equo accesso ai servizi sanitari».

Voci di spesa a carico dei pazienti

Quota di pazienti che hanno segnalato il problema

Euro per anno

 

Esami diagnostici

 

51,4%

 

259,82

Trasporti

45,1%

359,34

Visite specialistiche post-diagnosi

28,9%

126,12

Farmaci non oncologici

28,5%

124,26

Alloggio

26,7%

226,78

Chirurgia ricostruttiva

3,3%

149,62

Consulenza nutrizionale

18,7%

82,36

Protesi/parrucche

18,2%

122,2

Assistenza domiciliare

6,1%

84,27